Data: 11/06/2017 12:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Nonostante il P.M. abbia dapprima ottenuto l'autorizzazione del G.I.P., non sono automaticamente utilizzabili le intercettazioni effettuate dalla Polizia Giudiziaria dopo che il P.M. stesso abbia disposto la cessazione delle operazioni. Neppure pu� ritenersi che l'attivit� svolta dopo la "rinuncia" possa essere implicitamente ratificata.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 28566/2017 (qui sotto allegata) che ha accolto il ricorso di un uomo condannato per falsit� materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (artt. 479 e 476/2 c.p.).

La condanna era scattata a seguito di un'intercettazione sull'utenza di un terzo soggetto, attivit� captativa per la cui esecuzione il P.M. aveva chiesto e ottenuto autorizzazione da parte del giudice delle indagini preliminari.

Tuttavia, la telefonata cruciale era stata intercettata dopo che lo stesso Pubblico Ministero aveva disposto la cessazione dell'attivit�, che la Polizia Giudiziaria aveva comunque eseguito. Per questo l'imputato ritiene che tali intercettazioni siano illegittime e ne venga dichiarata l'inutilizzabilit�.

Inoltre, prosegue la difesa, gli esiti inutilizzabili delle intercettazioni non possono ritenersi "recuperati" a seguito di implicita "ratifica" tramite successive richieste di proroga delle intercettazioni, poich� la ratifica non � contemplata dal codice di rito e, comunque, le successive richieste di proroga sarebbero viziate perch� fondate su elementi di prova inutilizzabili.

Sul punto, la sentenza impugnata della Corte d'Appello ha ritenuto non sussistente il vizio dedotto, poich� la sanzione di inutilizzabilit� "conseguirebbe se l'utenza monitorata fosse diversa da quella autorizzata con decreto dal G.i.p. e non invece, come nel caso in esame, la medesima utenza".

Per il giudice a quo, inoltre, sarebbe irrilevante la cessazione dell'attivit� di intercettazione disposta dal P.M., "dettata evidentemente da una temporanea inattivit� superata nei fatti dalla riattivazione in pari data della stessa" ratificata dallo stesso P.M. con successiva richiesta di proroga di intercettazione al G.u.p.

"Sine titulo" l'intercettazione effettuata dopo la richiesta di cessazione del P.M.

La Cassazione ritiene tali affermazioni non condivisibili e ritiene altres� rilevante ai fini della decisione la questione posta dall'imputato, in quanto il contenuto delle intercettazioni � stato posto a base del'affermazione della sua responsabilit�.

Il provvedimento di "cessazione" delle intercettazioni adottato del P.M., spiegano gli Ermellini, pare assumere i connotati di una vera e propria rinuncia all'attivit� investigativa da svolgere mediante l'intercettazione di conversazioni sull'utenza, della quale la P.G. e gli altri enti interessati avrebbero dovuto tener conto, astenendosi dall'operare l'attivit� captativa in assenza di un formale provvedimento di "riattivazione" di essa.

Le ripercussioni di tale "rinuncia" vanno analizzate, quindi, in relazione al disposto di cui all'art. 271, comma 1, c.p.p., al fine di verificare, appunto, se la fattispecie si configuri attivit� captativa eseguita senza osservare le disposizioni del codice di procedura penale.

In questo contesto e per desumere l'assenza di illegittimit� dell'attivit� compiuta, si presenta inconferente il richiamo a un precedente della Corte (sentenza n. 19675/2001) che afferisce a un caso completamente diverso da quello in esame, nel quale le intercettazioni originariamente autorizzate su un determinato numero di telefono, venivano poi svolte su un numero diverso risultante, per�, dalla modifica di quello originario identificante l'utenza intestata al soggetto sottoposto a captazione.

Nella fattispecie in esame invece, invece, la captazione � avvenuta sulla stessa utenza per la quale era stata originariamente autorizzata, ma sulla quale poi ne era stata disposta la cessazione. Per gli Ermellini, la successiva richiesta di proroga non pu� valere come "ratifica" dell'attivit� svolta, poich� la Corte territoriale non d� conto del momento in cui sarebbe intervenuta tale richiesta di proroga, n� del contenuto della stessa.

L'attivit� di proroga � ammissibile sempre che corrisponda, come "dies a quo", con quello successivo alla proroga gi� concessa e, come "dies ad quem", con la scadenza del periodo autorizzato, sicch� sono inutilizzabili, ex art. 271, comma primo, c.p.p., le captazioni allorquando il provvedimento autorizzativo si discosti da detta scansione temporale.

In ogni caso resta il fatto che, ove l'attivit� captativa realizzata a seguito del provvedimento di cessazione del P.M. debba intendersi quale attivit� "sine titulo", giammai potrebbe configurarsi la "proroga" di un'attivit� illegittimamente compiuta.

Inoltre, l'istituto della "ratifica" deve ritenersi del tutto estraneo alla delicata materia delle intercettazioni, poich� il legislatore consente la compressione temporanea del diritto costituzionalmente garantito alla segretezza della corrispondenza sulla base di un procedimento sequenziale, che si fonda sul rispetto di tempi e forme idonei a consentire il controllo, ovviamente preventivo, dei presupposti e dei limiti nell'ambito dei quali tale compressione � consentita.

Nel caso di specie, si potrebbe ritenere che la proroga abbia assunto natura di autonomo provvedimento di autorizzazione all'effettuazione delle intercettazioni, ma in tal caso occorre verificare se essa fosse dotata di autonomo apparato giustificativo, che desse conto della ritenuta sussistenza delle condizioni legittimanti l'intromissione nella altrui sfera di riservatezza.

Sar� il giudice del rinvio a dover verificare, in base a tali principi, l'utilizzabilit� o meno delle intercettazioni telefoniche poste a fondamento della condanna dell'imputato.

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