Data: 13/06/2017 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - È lecito per il datore di lavoro assoldare un investigatore affinché controlli l'operato del dipendente se il presunto illecito non riguarda il mero inadempimento della prestazione di lavoro, bensì incida sul patrimonio aziendale.

Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 14454/2017 (qui sotto allegata), con cui ha respinto il ricorso di un dipendente che aveva chiesto dichiararsi l'illegittimità del suo licenziamento.

L'addetto alla cassa, sospettato di ammacchi di cassa, era stato scoperto a non registrare le vendite da investigatori privati, assoldati dal datore e che si erano finti clienti.

Inutile per il dipendente licenziato censurare la sentenza impugnata poiché aveva fondato le proprie conclusioni sulle dichiarazioni dei dipendenti dell'agenzia incaricati dei controlli: tali elementi di prova, secondo la difesa, sarebbero stati privi di adeguati riscontri, inattendibili e comunque illegittimamente assunti, posto che non risultava fatta al lavoratore la comunicazione prevista dalla richiamata disposizione dello Statuto dei lavoratori.

Sì agli investigatori se l'illecito incide sul patrimonio aziendale

In realtà, precisa la Cassazione, quanto all'utilizzo delle dichiarazioni di dipendenti dell'agenzia investigativa, la Corte di appello si era uniformata al principio di diritto, espresso in fattispecie analoghe, secondo cui: "in tema di controlli del datore di lavoro a mezzo di agenzia investigativa, in ordine agli illeciti del lavoratore che non riguardino il mero inadempimento della prestazione lavorativa, ma incidano sul patrimonio aziendale, sono legittimi - e non presuppongono necessariamente illeciti già commessi - i controlli occulti posti in essere dai dipendenti dell'agenzia".

Si tratta di soggetti che, fingendosi normali clienti dell'esercizio, si limitano a presentare alla cassa la merce acquistata e a pagare il relativo prezzo, senza porre in essere manovre dirette a indurre in errore l'operatore.

Inoltre, a tutela del diritto di difesa dell'incolpato, è necessario che la contestazione sia tempestiva e che l'accertamento non sia limitato a un unico episodio, non sempre significativo, e sia corroborato dall'accertamento delle giacenze di cassa alla fine della giornata lavorativa del dipendente (Cass. n. 18821/2008).

Nel caso di specie, la Corte, nel fare applicazione di tale principio, ha accertato che gli elementi forniti dall'agenzia investigativa erano "stati raccolti in un apprezzabile lasso di tempo", avevano "riguardato molteplici episodi" e, soprattutto, avevano "trovato conferma nelle verifiche contabili operate dalla società e ritualmente documentate".

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