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Data: 14/06/2017 19:40:00 - Autore: Paolo Accoti Avv. Paolo Accoti - In materia di sicurezza sul lavoro esistono norme specifiche in ragione del tipo di attività lavorativa svolta, nonché una norma generale, altrimenti detta di chiusura, siccome esplicitamente posta a tutela della salute dei prestatori di lavoro in mancanza di peculiare disciplina. L'art. 2087 cc, infatti, prevede che: "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Ciò posto, in caso di infortunio sul lavoro, al dipendente spetterà l'onere di dimostrare l'esistenza di un rapporto di lavoro, dell'infortunio stesso ovvero della malattia, nonché il nesso di causalità tra l'ambiente di lavoro ovvero tra l'impiego di un determinato strumento di lavoro e il danno subito. Viceversa, il datore di lavoro, per andare esente da responsabilità, dovrà dimostrare il rispetto della specifica normativa antinfortunistica, nonché di aver adottato tutte quelle misure sufficienti a tutelare la salute del lavoratore, anche vigilando sul rispetto delle regole apprestate dall'ordinamento per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Detti principi sono stati di recenti ribaditi dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14468, pubblicata in data 9 giugno 2017. La vicendaA seguito di incidente sul lavoro, verificatosi in dipendenza della rottura di un macchinario, il lavoratore evocava in giudizio la ditta datrice chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Lo stesso aveva provato di essere dipendente della ditta, di svolgere mansioni di operaio specializzato addetto al "trapano a colonna" e di aver subito lo schiacciamento della mano a seguito dell'improvviso cedimento del braccio orizzontale di sostegno del trapano. Intervenuti sul luogo di lavoro gli ispettori dell'ASL questi accertavano la recente fabbricazione del macchinario e la sua certificazione CE, il buono stato generale dell'utensile, l'assenza di anomalie nel funzionamento, il corretto utilizzo dello stesso e che, pertanto, "la caduta del braccio del macchinario era dovuta ad una improvvisa rottura (guasto cedimento strutturale) dei meccanismi elettromeccanici deputati al sollevamento-abbassamento del braccio, evento da ritenersi non ragionevolmente prevedibile". Sulla scorta dell'anzidetta relazione il Tribunale di Bergamo e, quindi, la Corte d'Appello di Brescia, rigettavano la domanda risarcitoria. La decisioneProposto ricorso per cassazione da parte del dipendente, lo stesso eccepiva, tra l'altro, la violazione e l'errata applicazione dell'art., 2087 Cc, in particolare, l'errata ripartizione dell'onere della prova. Ed invero, la Corte d'Appello, riferisce il giudice di legittimità, sostiene che l'infortunio sia dovuto ad un evento imprevedibile, ritenendo con ciò liberato il datore di lavoro dalla presunzione di colpa sullo stesso incombente nel momento in cui il lavoratore assolve al proprio onere probatorio. A tal proposito ricorda il proprio precedente per cui: "(Cass. n. 16003 del 2007), il lavoratore che agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento e il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno, ma non anche la colpa del datore di lavoro, nei cui confronti opera la presunzione posta dall'art. 1218 cod. civ., il superamento della quale comporta la prova di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno, in relazione alle specificità del caso ossia al tipo di operazione effettuata ed ai rischi intrinseci alla stessa, potendo al riguardo non risultare sufficiente la mera osservanza delle misure di protezione individuale imposte dalla legge". Orientamento confermato anche da Cass. n. 20533 del 2015 per la quale: "ai fini della configurabilità della responsabilità' del datore di lavoro per l'infortunio subito dal dipendente o per la tecnopatia contratta, grava su quest'ultimo l'onere di provare la sussistenza del rapporto di lavoro, dell'infortunio o della malattia ed il nesso causale tra l'utilizzazione del macchinario o la nocività dell'ambiente di lavoro e l'evento dannoso, e grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta nonché di aver adottato, ex art. 2087 cod. civ., tutte le misure che - in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica – siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza, mentre il comportamento del lavoratore è idoneo ad escludere il rapporto causale tra inadempimento del datore di lavoro ed evento, esclusivamente quando esso sia autosufficiente nella determinazione dell'evento, cioè se abbia il carattere dell'abnormità per essere assolutamente anomalo ed imprevedibile". Fermo restando che il datore di lavoro non può ritenersi responsabile né obbligato a predisporre accorgimenti atti a salvaguardare il lavoratore da cause d'infortunio del tutto imprevedibili (Cfr.: Cass. n. 312/2014). Continua la Corte di Cassazione affermando che "la Corte d'Appello non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati in relazione all'assolvimento dell'onere della prova in ordine all'adempimento degli obblighi di protezione specifici del datore di lavoro rispetto alle caratteristiche del macchinario e alle modalità di uso, atteso che il vizio strutturale, quale fatto liberatorio, non può prescindere dalla prova circostanziata offerta dal parte del datore di lavoro dell'assolvimento dei suddetti obblighi, prova non soddisfatta dal mero rinvio operato dalla Corte d'Appello alle circostanze rilevate dagli ispettori dell'ASL". Peraltro, il datore di lavoro è sempre tenuto "ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e risponde dell'infortunio occorso a un dipendente a causa della mancanza di tali requisiti", a prescindere della marchiatura di conformità CE (Cfr.: Cass. pen. n. 54480/2016 e Cass. pen. n. 3626/2016). Il ricorso, quindi, viene accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Brescia, in diversa composizione, affinché si attenga ai principi di diritto enunciati. |
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