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Data: 15/06/2017 16:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Non integra falsità o omissione nella dichiarazione diretta a ottenere il gratuito patrocinio il comportamento dell'imputata di truffa che non indica i redditi illeciti percepiti se questi sono frutto proprio dei reati del processo per cui è richiesta l'ammissione al beneficio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, nella sentenza n. 27990/2017 (qui sotto allegata), che ha deciso il ricorso di una commercialista, condannata per aver falsamente dichiarato, nell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio presentata nel novembre 2011, di non aver percepito alcun reddito dal luglio 2009, avendo invece percepito la somma di Euro 35.000,00 a seguito di una truffa consumata nel giugno-ottobre 2011. Secondo la Corte distrettuale, ai fini dell'ottenimento del beneficio, è fatto obbligo di dichiarare anche i redditi illeciti e con tale omissione l'imputata aveva consumato il delitto contestatole. Di diverso avviso la difesa della donna che, innanzi ai giudici di legittimità, afferma che al momento della presentazione dell'istanza non era ancora intervenuta la sentenza definitiva che attestava la percezione dell'illecito reddito, pertanto l'imputata non era tenuta alla sua dichiarazione; ciò a maggior ragione se si considerava che il processo per truffa era proprio quello nel quale era stata chiesta l'ammissione al beneficio. Un ricorso che per gli Ermellini è fondato, al punto che la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Gratuito patrocinio e indicazione dei redditi illecitiDi norma, la mancata indicazione dei redditi illeciti nella richiesta di ammissione al beneficio è idonea ad integrare la fattispecie delittuosa di cui all'art. 95 del D.P.R. 115 del 2002. Infatti, un orientamento consolidato ha stabilito che ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato il giudice deve tenere conto anche dei redditi da attività illecite posseduti dall'istante (ex plurimis, Cass. n. 21974/2010). Tuttavia, osservano i giudici, il caso di specie è peculiare poiché i redditi illeciti sono il frutto dei reati di esercizio abusivo della professione di commercialista e di truffa, delitti oggetto del processo nel cui ambito la donna ha richiesto l'ammissione al beneficio. In tale ipotesi, conclude il Collegio, pretendere dall'imputata la dichiarazione di percezione di redditi illeciti, in violazione del principio "nemo tenetur se detegere", confligge con il suo diritto di difesa e quindi a protestarsi innocente e rivendicare una pronuncia assolutoria. Va dunque enunciato il principio per cui "In tema di falsità ed omissioni nella dichiarazione diretta ad ottenere l'ammissione al benefico del patrocinio a spese dello Stato, non integra il delitto di cui all'art. 95 D.P.R. 115 del 2002 la mancata indicazione della percezione di redditi illeciti, quando questi sono il frutto dei reati nell'ambito del cui procedimento viene richiesta l'ammissione al beneficio". |
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