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Data: 17/06/2017 16:00:00 - Autore: Francesca Servadei
Avv. Francesca Servadei - Con ordinanza del 27 aprile 2017 numero 1766, pronunciata dal Consiglio di Stato, è stata riformulata la pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale-Umbria che respingeva l'istanza cautelare del codice amministrativo, articolo 55 D. Lgs 104/2010, con la quale si chiedeva l'ottenimento della sospensione del diniego del rinnovo di licenza di porto del fucile.
La vicenda
Il ricorrente negli anni Novanta veniva condannato per il reato di lesioni personali e per effetto della legge 689/1981, art.53, la pena detentiva veniva commutata in pena pecuniaria; successivamente con riabilitazione otteneva la declaratoria di estinzione del reato. Nel 2010 il ricorrente ritornava in possesso del porto d'armi, rinnovo poi negato nel 2016, in quanto la condanna risultava essere ostativa al rinnovo della licenza.
I riferimenti normativi e la giurisprudenza
Dalla lettura dell'articolo 43 del T.U.L.P.S. ,comma 1, lettera a), si evince che vi sono una serie di reati non colposi, come per esempio quelli commessi con violenza, ovvero, il sequestro a scopo di rapina o l'estorsione che possono definirsi ostativi al rilascio del porto d'armi, pertanto si assiste ad un automatismo che nega il rilascio ovvero il rinnovo del porto d'armi laddove il soggetto richiedente lo abbia commesso. Particolarmente dibattuta in ambito amministrativo è la fattispecie nella quale interviene, ai sensi dell'articolo 178 del codice penale, la riabilitazione del condannato, in virtù della quale è lecito citare gli orientamenti del Consiglio di Stato che (con sentenze 1072 del 2015 e 3719 del 2013), ha statuito che nel caso in cui intervenga la riabilitazione si assisterebbe ad un potere discrezionale in capo all'amministrazione di rilasciare ovvero rinnovare il porto d'armi, sulla base dell'articolo 11 del citato corpo normativo, il quale conferisce importanza alla riabilitazione nella valutazione alle autorizzazioni di polizia. Orientamento diverso è stato invece pronunciato dal Consiglio di Stato con diverse sentenze (per esempio 2158 del 2015, 2312 del 2016) con le quali l'Autorità Amministrativa di secondo grado nega l'importanza alla riabilitazione alla luce del combinato disposto dell'articolo 11 e 43 T.U.L.P.S. in virtù dei quali non vi sarebbe alcun potere discrezionale amministrativo, in modo particolare con sentenza 4664 del 2016 il legislatore ha preventivamente escluso ogni ulteriore valutazione, ritenendo che coloro che sono stati dichiarati colpevoli di quei reati di particolare allarme sociale non diano sufficienti garanzie sulla circostanza del non abuso di armi di cui venissero eventualmente in possesso.
La decisione del Consiglio di StatoNella fattispecie in esame, commutata la pena detentiva in pecuniaria, il Consiglio di Stato si è pronunciato statuendo che l'autorità amministrativa non deve disporre senz'altro la revoca della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell'esercizio del potere discrezionale. Il tenore della riportata pronuncia si basa sul fatto che con la commutazione della pena detentiva in pecuniaria viene a mancare uno dei requisiti fondamentali dell'articolo 43, I comma del T.U.L.P.S., ossia viene meno la pena detentiva ostativa quindi al rilascio ovvero alla rinnova del porto d'armi. Avv. Francesca Servadei Studio legale Servadei
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