Data: 23/06/2017 10:00:00 - Autore: Gabriella Lax

di Gabriella Lax - L'assegno famiglie numerose spetta agli stranieri titolari di permesso unico per lavoro. Quindi i cittadini extra UE, titolari di un permesso che consente di lavorare, hanno diritto alla parità di trattamento nell'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale in forza dell'art. 12 direttiva 2011/98. A stabilirlo è una sentenza della Corte di giustizia europea con la sentenza del 21 giugno scorso (sotto allegata).

Il caso

La vicenda ha riguardato una signora ecuadoriana alla quale il comune di Genova e l'INPS avevano negato l'assegno relativo alle famiglie numerose.

La donna, cittadina di un paese non UE, ha la residenza in Italia con i suoi tre figli minorenni ed è titolare di un permesso unico di lavoro di durata superiore a sei mesi. La donna però si vede negare dall'istituto di previdenza l'assegno a favore dei nuclei a basso reddito con figli minori in quanto non rifugiata così da non risultare tra i beneficiari della protezione sussidiaria e non titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo. La stessa decide di ricorrere prima al tribunale di Genova che le dà torto e poi di fare appello e, a questo punto, la Corte d'appello di Genova chiede lumi sull'interpretazione della direttiva sul permesso unico di soggiorno e di lavoro dei lavoratori non Ue alla corte di giustizia.

L'organo europeo, dopo il rinvio effettuato dalla Corte d'Appello di Genova, ha riconosciuto che la prestazione di cui all'art. 65 L.448/1998, in quanto attribuita in forza di requisiti predeterminati e oggettivi (e non attraverso una valutazione discrezionale) rientra nella nozione di "prestazione di sicurezza sociale" e deve pertanto essere riconosciuta a tutti i cittadini stranieri di cui all'art. 12 cit. in condizioni di piena parità con i cittadini italiani.

Assegno riconosciuto alla cittadina non UE madre di tre figli

La sentenza C-449/16, dà ragione alla donna dichiarando, innanzitutto, che l'assegno oggetto della richiesta costituisce una prestazione di sicurezza sociale riconducibile alla categoria delle prestazioni familiari di cui al regolamento dell'Unione sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. La corte, precisa inoltre che i cittadini di Paesi non UE ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o del diritto nazionale devono, in particolare, beneficiare della parità di trattamento rispetto ai cittadini di detto Stato.

A proposito della «procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro – chiarisce la settima sezione della Corte - deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in base alla quale il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell'articolo 2, lettera c), di tale direttiva, non può beneficiare di una prestazione come l'assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori, istituito dalla legge del 23 dicembre 1998, n. 448, recante Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo».

Una vittoria per l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) che sostiene questo tipo d'interpretazione della norma che ha convinto anche la Corte europea di Giustizia. «Si tratta di un provvedimento di estrema importanza – evidenzia in una nota l'avvocato Alberto Guariso che, unitamente ad ASGI, ha patrocinato la causa - infatti, pur riferendosi all'assegno al nucleo familiare numeroso, il principio affermato dalla Corte vincolerà i giudici nazionali che dovranno decidere in relazione a problemi simili quali il diritto all'assegno di maternità, al bonus bebè e al premio nascita». La stessa associazione è fiduciosa del fatto che, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia Europea, l'Inps vorrà conformarsi al principio dalla stessa dettato evitando il protrarsi di un contenzioso oneroso sia per la pubblica amministrazione sia per gli stranieri.


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