Data: 09/09/2005 - Autore: www.laprevidenza.it
Con la sentenza n. 4384/05, il Consiglio di Stato conferma il proprio ius receptum in tema di motivazione del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio previsto dall'art. 91, comma 1, T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 nei confronti dell'impiegato sottoposto a procedimento penale: ad avviso di tale consistente indirizzo giurisprudenziale, ?ai fini della sospensione cautelare, il giudizio sulla compatibilit� dei fatti sottoposti all'accertamento del giudice penale con la permanenza in servizio dell'imputato non richiede particolari spiegazioni quando sia implicito nella gravit� del reato?: le ragioni giustificative della scelta adottata, quindi, in bilico tra motivazione per relationem e motivazione in re ipsa, non devono essere esternate con eccessivo rigore formale. In tal senso, il provvedimento di sospensione cautelare di un pubblico impiegato � da ritenersi adeguatamente motivato anche con il solo riferimento al titolo dei reati contestatigli, quando questi ultimi si riferiscono a fatti specificamente attinenti alla sfera dell'Amministrazione e trovano origine proprio dalle funzioni esercitate dall'impiegato. Indefettibile, quindi, il collegamento funzionale tra il reato ascritto ed il ruolo professionale svolto a prescindere dalla compiuta esternazione formale. Quanto poi all'istanza, eventualmente proposta dal dipendente, di riammissione in servizio, il Consiglio ribadisce la rilevanza, ai fini della preclusione di tale riammissione, della conflittualit� determinata dalla decisione dell'Amministrazione di costituirsi parte civile nel processo penale. (Si ringrazia il Dott.Giuseppe Buffone) Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 23.08.2005 n� 4384
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