Data: 11/07/2017 17:50:00 - Autore: Daniele Paolanti

Avv. Daniele Paolanti - La politica di concorrenza è una delle più accreditate nell'Unione Europea. Essa comprende una serie di misure che l'UE si premura di adottare al fine di scongiurare che il libero mercato possa essere minato da condotte sleali e che possano ostacolare la concorrenza tra le imprese. Nell'ambito dell'Unione Europea non è vietato che un'impresa si trovi in posizione dominante, ma è vietato l'abuso che può scaturire dall'aver assunto detta posizione

Vediamo, dunque, cosa si intende per posizione dominante e quali sono le condotte vietate. 

La posizione dominante

Con l'espressione posizione dominante si intende la situazione in cui può trovarsi un'impresa laddove questa si comporti in modo del tutto indipendente rispetto ai propri concorrenti, ai fornitori ed ai clienti. La posizione dominante, come accennato in premessa, non è vietata, ciò che invece è vietato è l'abuso di detta posizione, ovvero l'utilizzo sleale che un'impresa può fare del suo vantaggio. Per raggiungere la posizione dominante un'impresa deve detenere una quota rilevante di mercato, circostanza che, ex se, non rappresenta ovviamente una condotta illecita.

Il divieto di abuso di posizione dominante

La condotta diventa scorretta nel momento in cui l'impresa inizia ad operare in modo tale da distorcere la concorrenza, a danno delle altre imprese o comunque dei consumatori i quali non sono in grado di resistere al potere che ha assunto l'impresa.

La normativa di riferimento

Nel panorama UE la norma dalla quale attingere cognizione del divieto è l'art. 102 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) il quale dispone, al comma 1, che "È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo".

Le condotte vietate

Sono condotte potenzialmente idonee a menomare la concorrenza e dunque vietate, quelle indicate nel comma 2 dell'art. 102 TFUE, ovvero: imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

La legislazione italiana in tema di abuso di posizione dominante

Anche l'ordinamento italiano, e non solo quello sovranazionale, contempla il divieto di abuso di posizione dominante. In species la normativa di riferimento è contenuta nella legge n. 287/90, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato" ed al cui art. 3 si legge che "È vietato l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato: a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori; c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza; d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi".

La giurisprudenza più recente in tema di abuso di posizione dominante

Prima di esaminare una recente sentenza resa dalla Corte di Giustizia si rammenta come, diversi anni fa, si assistette ad un precedente significativo in materia di abuso di posizione dominante, ovvero il caso Microsoft. In detta circostanza la Commissione UE inflisse una multa di 899 milioni di euro al gruppo statunitense per avere imposto prezzi eccessivi e irragionevoli per poter accedere alla propria documentazione informatica, rendendo così sempre più difficoltoso il dialogo tra i propri sistemi e quelli di gruppi concorrenti. 

Procediamo ora, invece, con una sentenza resa dalla Corte di Giustizia nell'anno 2016 e volta all'interpretazione dell'art. 102 TFUE. In detta pronuncia si legge che "L'articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che il titolare di un brevetto essenziale ai fini dell'applicazione di una norma tecnica stabilita da un organismo di normalizzazione, che si sia irrevocabilmente impegnato nei confronti di tale organismo a concedere a terzi una licenza a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, dette «FRAND» («fair, reasonable and non-discriminatory»), non abusa della sua posizione dominante ai sensi di tale articolo quando esperisce un'azione per contraffazione volta alla cessazione del pregiudizio arrecato al suo brevetto o al richiamo dei prodotti per la fabbricazione dei quali sia stato utilizzato tale brevetto, laddove: prima di esperire la suddetta azione, da un lato, abbia avvertito il presunto contraffattore della contraffazione addebitatagli, indicando il suddetto brevetto e specificando il modo in cui esso è stato contraffatto, e, dall'altro, dopo che il presunto contraffattore ha confermato la sua volontà di stipulare un contratto di licenza a condizioni FRAND, abbia trasmesso a tale contraffattore una proposta di licenza concreta e scritta alle suddette condizioni, specificando, in particolare, il corrispettivo e le sue modalità di calcolo, e il suddetto contraffattore, continuando a sfruttare il brevetto di cui trattasi, non dia seguito a tale proposta con diligenza, conformemente agli usi commerciali riconosciuti in materia e in buona fede, circostanza che deve essere determinata sulla base di elementi obiettivi ed implica in particolare l'assenza di ogni tattica dilatoria" (Corte giustizia UE, sez. V, 16/07/2015,  n. 170).

 


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