Data: 11/07/2017 18:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi - Via libera dal Consiglio dei Ministri al decreto legislativo che dà attuazione completa alla riforma della P.A., sul licenziamento disciplinare degli statali. Il giro di vite sui furbetti del cartellino nel pubblico impiego pertanto può davvero partire.

La stretta prevede la sospensione dal servizio entro 48 ore dal fatto e il licenziamento entro 30 giorni per il dipendente che timbra l'ingresso al lavoro e poi si reca altrove. Una procedura che in realtà era già prevista ma che ora trova attuazione dopo lo stop della Consulta dello scorso anno.

Il decreto sui licenziamenti disciplinari

Il ddl approvato prevede disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 116/2016, in vigore dal 2016 ma "bloccato" di fatto dalla decisione n. 251/2016 con cui la Consulta aveva imposto di ottenere l'intesa con regioni ed enti locali, al posto del semplice parere.

Le innovazioni apportate, si legge nella nota di palazzo Chigi, "riguardano l'accoglimento dei pareri parlamentari in merito all'introduzione di un obbligo di carattere generale per le pubbliche amministrazioni concernente la comunicazione all'Ispettorato per la funzione pubblica dell'avvio e della conclusione dei procedimenti disciplinari e del relativo esito".

Inoltre, per consentire un efficace e tempestivo monitoraggio, spiega ancora il governo, "gli atti di avvio e conclusione del procedimento disciplinare, nonché l'eventuale provvedimento di sospensione cautelare del dipendente saranno comunicati dall'ufficio competente di ogni amministrazione, per via telematica, all'Ispettorato per la funzione pubblica, entro venti giorni dalla loro adozione".

Infine, il nuovo testo, si legge nella nota, prevede "l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e ha ottenuto, dopo l'esame preliminare del Consiglio dei ministri, l'intesa della medesima Conferenza nonché di quella Unificata".

Come funzionano le regole sui licenziamenti degli statali

Il correttivo approvato, dunque, non modifica l'impianto del provvedimento iniziale che rimane il medesimo.

La procedura prevede che la "falsa attestazione" della presenza sul luogo di lavoro messa in atto in modo fraudolento, per certificare che il lavoratore è in ufficio mentre in realtà è altrove, sia "punita" da subito con la sospensione del furbetto colto sul fatto entro e non oltre le 48 ore.

A decidere la sospensione potrà essere sia il responsabile del servizio che il capo dell'ufficio dei procedimenti disciplinari.

Entro 15 giorni, inoltre, al dipendente verrà inviata la contestazione scritta con l'invito alla convocazione presso l'ufficio. Può essere concesso un rinvio, al massimo di 5 giorni, solo di fronte ad un impedimento grave, assoluto e oggettivo del lavoratore.

Lo step successivo è, entro 20 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare, la denuncia da parte dell'ente del lavoratore alla procura regionale della Corte dei conti, che dovrà verificare se ci sono i presupposti per il danno all'immagine. La comunicazione, una sorta di "avviso di garanzia" in sede contabile, dovrà essere inviata al lavoratore entro i 90 giorni successivi alla denuncia.

Infine, entro 30 giorni, il dipendente assenteista va licenziato. Ed entro 150 giorni, dovrà chiudersi l'azione di responsabilità a carico del dipendente stesso.

Le regole si estendono anche ai capi che, venuti a conoscenza dell'assenteismo, abbiano fatto orecchie da mercante, non avviando la procedura di sospensione.


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