Data: 30/09/2005 - Autore: www.dirittosuweb.com.
Il 31 marzo 2005 è stata emanata la sentenza n. 145/05 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano in cui non è stato ritenuto perseguibile chi detiene software su supporto non originale o senza numero di registrazione, senza le giuste prove. Nell'agosto 2004, infatti, dalla Guardia di finanza, durante un controllo, un architetto era stato accusato di alcune illegalità nell'uso del software: mancanza del numero di registrazione, di supporto originale, di manuali ed installazione su un numero di computer maggiore rispetto a quello previsto da contratto. Per questo motivo era stata sporta denuncia in base all'art. 171 bis, comma 1, della L. 248/2000 che punisce "chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori", ritenendo gli accertamenti svolti prova sufficiente di una acquisizione di un uso illecito del software. Il Tribunale di Bolzano, invece, sulle orme di quello di Savona (sent. n. 844/04), ha affermato che "ciò che è stato accertato non prova affatto che l'imputato abbia detenuto programmi duplicati o programmi duplicati illegalmente o che abbia agito con il dolo richiesto nè che abbia agito a scopo imprenditoriale". A questo proposito è interessante chiarire il significato di "scopo imprenditoriale". L'imprenditore, ex art. 2082 cod. civ., è colui che esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi. Non è imprenditore il professionista o "prestatore d'opera intellettuale" ex artt. 2229 e ss. cod. civ., come il medico il medico, l'avvocato ecc... Quando, però, l'esercizio della professione costituisce elemento di una attività economica organizzata, allora il soggetto è qualificabile come imprenditore con tutte le conseguenze civilistiche che ne derivano. Lo "scopo imprenditoriale", necessario per la venuta in essere del reato di cui all'art. 171 bis della L. 248/2000, non è perfezionato dal semplice utilizzo del software da parte di un professionista o di un'azienda. Il legislatore, infatti, con tale espressione si riferisce "... alla condotta di chi commette il fatto esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d'autore". Quindi l'illecito configurabile è semmai quello di cui all'art. 174 ter, per il quale è prevista solo una sanzione amministrativa. Il GIP ancora ha rilevato che "non esiste nel nostro diritto un obbligo di registrarsi presso il produttore del software o di conservare i documenti di acquisto. Il produttore cerca ovviamente di costringere l'acquirente di un programma a registrarsi nei seguenti modi: a) facendo sì che il programma non funzioni se l'acquirente non si collega con il produttore per ricevere un codice che attiva il programma; ma è evidente che nulla può obbligare l'acquirente a rivelare la propria identità; b) offrendo servizi aggiuntivi, quale la garanzia; c) facendo credere all'acquirente che egli ha degli obblighi contrattuali nati con l'acquisto del programma, anche se effettuato sugli scaffali di un self-service. E' chiaro che per il nostro ordinamento queste condizioni sono del tutto prive di valore." Questa sentenza, creando un interessante precedente giuridico, ha richiamato al rispetto della legge non solo gli utenti, ma finalmente anche le software house, fissando tre punti fermi: 1) "chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma acquista incondizionatamente e senza limitazioni perchè in quel momento egli non conosce quanto sta scritto all'interno della scatola"; 2) "la garanzia deve essere data dal venditore senza eccezioni e non può essere subordinata a comportamenti che l'acquirente non abbia espressamente accettato"; 3) "l'acquirente ha sempre il diritto di rivendere il programma acquistato, sia nuovo che usato ed ha il diritto di farsi una copia di scorta". Quest'ultimo diritto è inoltre confermato dal D.lgs. 68/2003 con cui il legislatore nazionale ha recepito la Direttiva comunitaria 2001/29/CE, riguardante l'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, il quale all'art. 71 sexies, comma 1, recita: "è consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purchè senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali, nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater". Il medesimo articolo, al comma 4, altresì afferma: "i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater, la persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica, per uso personale, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti". Infine, continua il GIP, non è possibile nemmeno considerare penalmente rilevante la vendita dei software Oem separatamente dall'hardware: "il produttore di computer che li ha acquistati dal produttore di programmi non potrebbe forse destinarli ad altro uso in base al contratto di acquisto, ma se li immette sul mercato non commette alcun illecito penale, ma solamente un illecito contrattuale e di conseguenza la copia è del tutto legittimamente in circolazione. E chi lo installa è in possesso di dischetto originale e delle corrette password o chiavi di accesso, pur non avendo alcuna licenza o manuale e pur non avendo avuto alcun contatto con il produttore".
Autore: Romina Ridolfi
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