Data: 21/07/2017 18:30:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - Seconda puntata del viaggio nei meandri del ricorso per cassazione, iniziato appena ieri e già foriero di angoscia: volete scendere proprio ora dal pullman?
Bisogna badare sempre al momento del conferimento del mandato all'avvocato cui la parte non può rilasciare la procura... a futura sconfitta!
Lo afferma con lapidaria chiarezza una delle sentenze più sintetiche (il succo sta in una paginetta, in totale, intestazione inclusa, sono due fogli e qualche riga!) e più richiamate della storia di Piazza Cavour, Cass. civ. 13558/2012, depositata il 30 luglio 2012, Pres. Francesco M. Fioretti, Est. Antonio Didone.
A nulla rileva che la procura sia stata conferita per tutti i gradi del processo.
La specialità della procura consiste nel fatto che debba essere attribuita per quello specifico giudizio di legittimità ed investa il difensore del potere di proporre ricorso per cassazione proprio contro una sentenza determinata, emessa in epoca antecedente al rilascio della procura speciale.
A titolo esemplificativo possiamo rifarci ad un caso concreto.
La Corte d'Appello di Roma aveva confermato la statuizione del giudice del lavoro di primo grado: era stata accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la lavoratrice e la datrice di lavoro, talché quest'ultima era stata condannata al pagamento del differenziale retributivo.
Doppio grado di giudizio negativo ma si va in Cassazione, organo supremo della giustizia nel suo travertino bianco lucente.
E l'avvocato si prende una condanna in proprio!
Infatti, il legale della ricorrente - datrice di lavoro aveva dichiarato di rappresentare e difendere la ditta sulla base di una delega apposta in calce al ricorso in appello (ricorso perché ricordiamo che l'esempio attiene alla materia lavoristica).
Questo risalente mandato era l'unica fonte dello jus postulandi del difensore, pur regolarmente iscritto nell'apposito albo dei cassazionisti.
E così Cass. civ., Sez. VI, Sottosezione L, ordinanza depositata in data 26 giugno 2017, n. 15895, Presidente Pietro Curzio e Relatrice Lucia Esposito, nello scrutinare la vicenda decisa dalla Corte distrettuale laziale, punisce severamente il patrono di parte ricorrente dal momento che ai sensi dell'art. 365 c.p.c., la procura rilasciata all'avvocato iscritto nell'apposito albo e necessaria per la proposizione del ricorso deve essere conferita dopo la pubblicazione della sentenza impugnata.
Ciò con specifico riferimento al grado di legittimità.
Pertanto, è inidonea allo scopo e, come tale, determina l'inammissibilità del ricorso per cassazione, la procura apposta in margine o in calce all'atto introduttivo del giudizio di merito, ancorché conferita per tutti i gradi e le fasi del giudizio.
All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna in proprio dell'avvocato alle spese, in forza del consolidato principio in base al quale "in materia di spese processuali, qualora il ricorso per cassazione sia stato proposto dal difensore in assenza di procura speciale da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire in giudizio, l'attività svolta non riverbera alcun effetto sulla parte e resta nell'esclusiva responsabilità del legale, di cui è ammissibile la condanna al pagamento delle spese del giudizio" (Cass. 11551/2015, conforme Cass. 58/2016).
Se siete avvinti dal tema ma anche... distrutti moralmente da statuizioni del genere, comunque Vi attendiamo su queste colonne di LIA Law In Action per un'altra puntata delle raccapriccianti contese in sede di legittimità (fine seconda parte).

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