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Data: 22/07/2017 10:30:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani di Paolo M. Storani - Ospitiamo uno scritto dell'Avv. Stefano Massimiliano Ghio del Foro di Macerata in merito alla questione del superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Lo ringraziamo sentitamente per questo nuovo contributo, dopo quello che pubblicammo il 24 gennaio 2014. Buona lettura! di Stefano Massimiliano Ghio - L'art. 20 del Decreto Legislativo 25/05/2017 n. 75, in esecuzione della delega di cui all'art. 17 lett. a) della legge 124/2015, disciplina il "superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni" consentendo l'assunzione a tempo indeterminato del personale non dirigente che possegga alcuni precisi requisiti: a) risulti in servizio nell'amministrazione che procede all'assunzione con contratto a tempo determinato successivamente alla data dell'entrata in vigore della legge 124 del 2015 (ed esattamente il 28/08/2015); b) sia stato assunto a tempo determinato attraverso una procedura concorsuale, anche se in amministrazione diversa da quella che procede all'assunzione; c) abbia maturato al 31/12/2017 almeno tre anni di servizio anche non continuativi negli ultimi 8 anni.
La norma, al suo comma 12, prevede una priorità nell'assunzione in favore del personale in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (e quindi il 22/06/2017). In primo luogo occorre precisare che il contratto che l'ente ha facoltà di stipulare con il dipendente dovrà qualificarsi come un nuovo contratto e non certo una trasformazione e/o conversione del rapporto da determinato a tempo indeterminato. A tale conclusione si può giungere dalla interpretazione letterale della norma oltre che da una sua lettura sistematica. Il legislatore infatti ha previsto che tale beneficio possa essere concesso anche a coloro che non abbiano prestato servizio presso l'ente stabilizzante ed a coloro che non hanno un rapporto di lavoro in essere all'entrata in vigore della norma. Tali due possibilità escludono ontologicamente la possibilità di identificare l'istituto della conversione o della trasformazione visto che non vi sarebbe alcun rapporto di lavoro da convertire o da trasformare. In vero anche la implicita necessità di utilizzare le procedure concorsuali (seppur evidentemente interne e semplificate) nel caso di eccedenza dei numeri degli stabilizzanti rispetto ai fabbisogni ed alle coperture finanziarie dell'ente, o comunque la oggettiva necessità di procedere ad una selezione tra soggetti potenzialmente beneficiari non consente di ritenere le assunzioni come conseguenza di una trasformazione del rapporto di lavoro precedente. Ciò detto il legislatore con la legge in discussione ha voluto introdurre una parziale deroga alle modalità di assunzione del personale per l'ente pubblico, senza per altro negare la regola, costituzionalmente garantita, della procedura concorsuale. Infatti tra i requisiti necessari alla stabilizzazione è stato inserito il previo espletamento dei concorsi per l'accesso al tempo determinato. Tale previsione evita sostanzialmente una censura di incostituzionalità dell'art. 20 citato per essere incluso tra le norme che "…escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall'esterno, violano il "carattere pubblico" del concorso…» (Corte Cost. sentenza n. 100/2010; Corte Cost. sentenza n. 293 del 2009). Anche aver reso oggettiva la valutazione della professionalità del personale rispetto ad un preciso periodo lavorativo (tre anni di servizio) e non aver escluso il concorso nel caso di sovrannumero sostiene la ragionevolezza della norma. Altra questione da evidenziare infatti riguarda la effettiva ragionevolezza della norma per delineare la sua eventuale conformità al dettato costituzionale e ciò nonostante l'art. 97 della Costituzione preveda una riserva di legge alle deroghe della regola del concorso pubblico. Si ricordano in argomento le censure di incostituzionalità per l'assunzione del personale precario con provvedimenti legislativi in sanatoria che prevedevano concorsi riservati (Corte Cost. 153/1997 e 59/1997). E' opinione dello scrivente che facendo propri i principi di censura della Corte Costituzionale nelle decisioni sopra citate, nel caso di specie, l'espansione dell'impiego presso le Amministrazioni Pubbliche avviene non solo per salvaguardare l'occupazione di migliaia di precari, ma principalmente per soddisfare le esigenza di una pubblica amministrazione che ha acquisito professionalità importanti ed ha effettive ed oggettive esigenze funzionali. Quindi si può ben ritenere che la salvaguardia dell'occupazione risulta essere elemento motivazionale aggiuntivo e non certo esaustivo. Si è detto che l'art. 20 non esclude il ricorso ai concorsi nel caso di un sovrannumero di disponibilità. In vero la norma non fa cenno alle modalità di scelta dei beneficiari della stabilizzazione nel caso in cui le disponibilità superino i fabbisogni. La questione potrebbe rilevarsi come problema reale visto che la copertura finanziaria necessaria per sopperire alle esigenze straordinarie che avevano indotto gli enti ad assumere personale a tempo determinato potrebbe non essere più attuale, o comunque potrebbe non essere sufficiente per l'assunzione di tutto il personale con i requisiti utili per la stabilizzazione. In tal caso non vi è alcuna previsione normativa sulla tipologia di selezione da espletare fatta esclusione della priorità prevista per coloro che sono in servizio presso la P.A. in occasione della entrata in vigore della legge. In assenza di specifica previsione normativa, si ritiene che debba farsi riferimento alla normativa generale sulle selezioni concorsuali al fine di garantire una equa valutazione ed il rispetto degli interessi legittimi qualificati dei partecipanti alla selezione, con ciò rendendo merito anche a quanto disposto dall'art. 97 della Costituzione secondo il quale alle amministrazioni pubbliche si accede mediante concorso fatti salvi i casi stabiliti dalla legge. Sulla necessità della copertura finanziaria nulla quaestio, è il requisito necessario affinchè la norma non risulti incostituzionale in ragione della violazione dell'art. 81 della Costituzione e per la sua contrarietà all'ordinamento ed in particolare alla norme di contabilità pubblica. Ultima considerazione necessaria deve riguardare la relazione tra l'introdotto istituto della stabilizzazione con quello della mobilità obbligatoria (art. 34 bis d.lgs 165/2001). Autorevoli opinioni assumono la necessità dell'espletamento delle procedure di mobilità obbligatoria prima di procedere alla stabilizzazione del personale titolare di contratto a tempo determinato. Tale assunto prende le mosse dalla circolare della Funzione Pubblica n. 5/2013 la quale, nel fornire le interpretazioni al D.L. 101/2013 convertito con legge 125/2013, affermava la necessità dell'espletamento della procedura prevista dall'art. 34 bis del d.lgs 165/2001 prima di procedere alle procedure di assunzione (che nel caso di specie si sostanziavano in un concorso con la possibilità di riserva fino al 50% dei posti in favore degli stabilizzandi). La questione appare molto delicata in quanto si mettono in correlazione il diritto del personale in disponibilità ed il diritto del personale alla stabilizzazione nel caso che la P.A. eserciti tale facoltà. La comparazione degli interessi porterebbe a preferire l'applicabilità della procedura di mobilità per una oggettiva prevalenza della tutela dei lavoratori sulle soglie del licenziamento da contratto a tempo indeterminato piuttosto che la perdita del lavoro dei lavoratori con un contratto comunque a termine. L'unica perplessità riguarda il fatto che nel caso della stabilizzazione prevista dal decreto legislativo 75/2017 non viene prevista alcuna procedura selettiva (fatta esclusione del caso dei lavoratori precari), come era avvenuto con la legge 125/2013 e come prevedrebbe l'art. 34 bis del d.lgs. 165/2001 ("..prima di avviare le procedure di assunzione del personale.."). Certo è che anche l'atto di assunzione senza concorso si può annoverare nel contesto delle procedure di assunzione, ma nel contempo l'eventuale espletamento della mobilità obbligatoria non consentirebbe il rispetto di quel preciso interesse pubblico che la norma identifica con la valorizzazione della professionalità acquisita dall'ente. A questo punto è auspicabile un intervento chiarificatore per evitare vizi di nullità delle eventuali assunzioni in assenza dell'espletamento della mobilità prevista dall'art. 34 bis sopra citato. AUTORE: Avv. Stefano Massimiliano Ghio, foro di Macerata |
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