Data: 19/08/2017 15:25:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - Il principio di non contestazione nasce nella giurisprudenza più avveduta e poi viene recepito dal legislatore con la Legge n. 69 del 2009, che lo colloca all'interno dell'art. 115 c.p.c., comma primo.
Tale fondamentale principio processuale è applicabile al giudizio tributario?
Secondo Cass. civ., Sez. V, 6 febbraio 2015, n. 2196, Pres. Antonio Merone, Est. Francesco Terrusi, sembrerebbe di sì sotto il profilo della compatibilità con il rito tributario.
 

Le massime di LIA Law in Action

Il principio processualcivilistico di non contestazione è certamente valido anche nel processo tributario ed è da interpretarsi come onere di contestazione tempestiva dei fatti dedotti ex adverso (cfr. la fondamentale Cass., Sez. U., n. 761/2002).

Il principio della non contestazione, assurta dopo la novellazione dell'art. 115, 1° co., c.p.c. a principio generale del processo, è suscettibile di applicazione anche nel giudizio tributario seppure al netto della specificità dettata dalla non disponibilità dei diritti controversi nel processo de quo.

(Cass. civ., Sez. V, 6 febbraio 2015, n. 2196)

Attualmente, dopo una lunghissima elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, nel processo civile i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite vengono posti a base della decisione.
Si realizza in tal modo un'autentica rivoluzione nel sistema delle prove.
Tale principio è ormai pietrificato.
Infatti, la riforma del 2009 porta ad affermare che non è necessario che siano provati i fatti non specificamente contestati dalle parti costituite, sicché sono, quindi, da reputare come pacifici.
In nome del principio di economia processuale e della ragionevole durata del processo la riforma ha orientato l'istruttoria verso una forma semplificata con un'efficacia vincolante per lo stesso giudicante.
Il dilemma che si pone, per converso, nel processo tributario è se tale meccanismo, rivelatosi estremamente utile in sede civilistica, possa estendersi ad un rito ispirato all'indisponibilità dei diritti controversi.
Sembrerebbe davvero un ossimoro perché la mancata presa di posizione, intendo l'inerzia, il comportamento omissivo, sui fatti costitutivi del diritto comporta, in certo qual modo, una disposizione sui diritti in contesa.
E allora soccorre la Suprema Corte con la significativa sentenza che abbiamo già menzionato nell'incipit.
La contesa - si tratta di ricorsi identici contro la medesima sentenza - decisa da Cass. civ., Sez. V, 6 febbraio 2015, n. 2196, Pres. Antonio Merone e Rel. Francesco Terrusi, fine giurista, vede difronte la ricorrente Fiditalia S.p.A., difesa dall'Avv. Lidia Salvini, che tante volte abbiamo ascoltato in sede convegnistica, e dall'Avv. Giancarla Branda, contro l'Agenzia delle Entrate, resistente, contro diversi altri.
La Corte di legittimità esordisce affermando che il principio processualcivilistico di non contestazione è "certamente valevole anche nel processo tributario", rimandando a Cass. n. 1540/2007 e deve interpretarsi come onere di contestazione tempestiva dei fatti dedotti ex adverso.
Un ulteriore riferimento è alle Sezioni Unite n. 761 del 2002.
Non è necessaria la prova dei fatti suddetti in quanto imposti al giudice come pacifici (Cass. n. 10111/2006).
Del resto, permea la materia del giudizio tributario l'applicabilità al rito delle norme codicistiche compatibili, a mente del Decreto Legislativo n. 546 del 1992.
Senonché, bisogna poi fare i conti con la tipologia tendenzialmente impugnatoria del processo tributario e con la specificità che possiede il regime di acquisizione probatoria.
Lo stesso periodare della suddetta pronuncia non possiede quella rotondità di forme e quella fluidità che ci saremmo attesi date le aspettative promananti da quella univoca premessa.
Talché, la decisione mostra le ritrosie tipiche dell'impatto con le novità; tale sentenza, a nostro sommesso orientamento, difetta sotto il versante della traduzione in concreto del principio affermato nel preambolo.
Si veda, ad esempio, ma la disamina potrebbe essere più estesa, l'ostico passo contrassegnato con il paragrafo VI): "tradotto in concreto, l'affermato principio della non contestazione può condurre ad affermare pacifico il solo fatto significante, non mai anche il fatto che si sostenga da quello direttamente desumibile (il c.d. significato)".
Ma, così impostando il tema, si corre il serissimo rischio di dare sempre la zappa sui piedi del contribuente.
Talché, in assenza di un leading case solido ed univoco è ancora prematuro prendere posizione in senso incondizionatamente affermativo in ordine alla fruibilità a 360° dell'ormai familiare principio di non contestazione tempestiva e specifica.


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