Data: 01/08/2017 15:00:00 - Autore: Pierluigi Abenante

di Pierluigi Abenante - Con pronuncia a Sezioni Unite, emessa nello scorso mese di giugno (Cass. Sez. Un., u.p. 22 giugno 2017), la Suprema corte di Cassazione ha capovolto un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità sostenendo come i reati di cui agli art. 23, primo, terzo e quarto comma, legge 18 aprile 1975, n.110 (porto in luogo pubblico di arma clandestina) assorbano, rispettivamente, i reati di cui agli artt. 2, 4 e 7, legge 2 ottobre 1967, n. 895 (porto illegale di arma comune da sparo).

La vicenda

Nel caso di specie, il ricorrente, dopo aver investito della questione il Collegio di Cassazione si è visto accogliere la tesi dell'assorbimento dei reati dopo che il Collegio, con fine ragionamento, sollevava dubbi e contrasti con il precedente orientamento consolidato in giurisprudenza e, con ordinanza, poneva la questione dinnanzi alle Sezioni Unite.

L'orientamento della giurisprudenza

Orbene, fino a tale momento, la giurisprudenza di legittimità si era consolidata, sul tema, in senso differente alla tesi del ricorrente, sostenendo l'impossibilità dell'assorbimento dei reati di detenzione e di porto illegali di arma comune da sparo, rispettivamente in quelli di detenzione e di porto di arma clandestina.

La ragione di questa impossibilità di assorbimento veniva ravvisata - in modo unanime – nella diversità sia della condotta dell'agente sia dell'interesse tutelato dalle rispettive norme incriminatrici.

Tuttavia, con tono critico e differente rispetto a tale orientamento, il Collegio evidenzia come la materialità del comportamento umano costituente la condotta dei due reati sopra menzionati non differisce ed appare, anzi, sovrapponibile, fatto salvo l'aspetto relativo alla caratteristica della alterazione dell'arma.

Risulta evidente come, invece, l'unico elemento realmente fondante, ritenuta la "diversità" delle due fattispecie, tale da impedire in astratto (nella prospettiva dell'orientamento giurisprudenziale sopra riportato), per via della specialità reciproca, l'assorbimento dell'una nell'altra, resta la diversità del bene giuridico tutelato: l'una fattispecie (porto illegale di un'arma comune da sparo) mirando a impedire la circolazione in pubblico, di armi non conformi; l'altra fattispecie (porto arma clandestina) mirando alla eliminazione della presenza, sul territorio dello Stato, di armi prive dei numeri, dei contrassegni, delle sigle di cui alla normativa.

Tuttavia si argomenta come la diversità del bene giuridico offeso, non può da sola giustificare la esclusione del rapporto di specialità e pertanto, il richiamo alla natura del bene giuridico protetto non soltanto non può essere considerato "decisivo", ma << una volta riconosciuto un rapporto di parziale identità tra le fattispecie, il riferimento anche all'interesse tutelato dalle norme incriminatrici non ha immediata rilevanza ai fini dell'applicazione del principio di specialità >> (Sez.U, n.16568).

Sulla scorta di tale ragionamento, in virtù di un tale opprimente dubbio, la Cassazione investe le Sezioni Unite della seguente questione:

"Se i reati di detenzione e porto illegali in luogo pubblico di arma comune da sparo concorrano con quelli di detenzione e porto in luogo pubblico della stessa arma clandestina".

Al quesito, le Sezioni Unite, rispondono negativamente, sottolineando come i reati di detenzione e porto in luogo pubblico di arma clandestina assorbono quelli di detenzione e porto illegali in luogo pubblico di arma comune da sparo.

La fattispecie speciale assorbe la fattispecie generale

Alla luce di tale pronuncia si può ritenere che tutti gli elementi previsti dalla norma di carattere generale sul porto illecito di arma da sparo in luogo pubblico sono presenti in quella di porto di arma da sparo clandestina e che proprio la clandestinità dell'arma può individuarsi come elemento speciale rispetto alla fattispecie generale prevista dagli artt. 4 e 7 l. n.895 del 1967, e conseguentemente, si può affermare come il reato di porto illecito di arma comune da sparo si ritiene assorbito nel reato di porto di arma clandestina, evitando in tal modo, il moltiplicarsi delle sanzioni e giustificando la pena più mite.

Le due fattispecie confrontate ripropongono il più volte riproposto schema (sia in dottrina che in giurisprudenza) dei due cerchi concentrici, ove quello più ampio contiene in sé tutti gli elementi del cerchio più ristretto con in aggiunta l'elemento della particolare natura dell'arma, la clandestinità appunto.


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