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Data: 16/08/2017 12:00:00 - Autore: Roberto Paternicò di Roberto Paternicò - "Le polizze vita "dormienti" sono polizze che, pur avendo maturato un diritto al pagamento del capitale assicurato, non sono state pagate dalle imprese di assicurazione e giacciono in attesa della prescrizione..", soprattutto, per la mancata conoscenza della loro esistenza, da parte dei beneficiari ovvero perché non riscosse dagli interessati per svariati motivi. L'IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni) fa il punto della situazione, attraverso un'indagine condotta su 52 imprese italiane che esercitano il ramo vita per rilevare l'ampiezza del fenomeno e acquisire informazioni sui processi adottati per accertare il decesso degli assicurati, identificare e rintracciare i beneficiari. I diritti derivanti dalle polizze vita si prescrivono in 10 anni dalla data dell'evento e cioè dal decesso dell'assicurato o dalla scadenza del contratto. Superato tale termine, le imprese di assicurazione devono devolvere le somme al Fondo rapporti dormienti istituito presso la CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici s.p.a.). Le tipologie assicurative in esameSono state prese in considerazione, dall'IVASS, le varie tipologie assicurative quali: le polizze cc.dd. "temporanee caso morte - TCM, miste, a capitali differiti, a rendite differite e a capitalizzazione" in vigore al 31 dicembre 2016 ed é emerso che circa 4 milioni di polizze vita scadute negli ultimi 5 anni sono potenzialmente esposte al rischio di "dormienza" poiché le compagnie non sanno se l'assicurato è deceduto o meno prima della scadenza della polizza. I livelli di rischio di "dormienza" delle polizzeDiversi sono i livelli di rischio di "dormienza" delle polizze: - le c.d. assicurazioni temporanee caso morte o TCM sono quelle maggiormente esposte qualora il contraente (spesso, anche, assicurato) non abbia informato i beneficiari dell'esistenza di una polizza a loro favore per attivarsi, in caso di suo decesso, presso l'impresa di assicurazione. Allo stesso modo, se l'impresa di assicurazione non svolga verifiche periodiche sull'eventuale decesso dell'assicurato. Punta di rischio le c.d. polizze a premio unico cioè pagate in un'unica soluzione al momento della sottoscrizione della polizza, esaurendosi in quel momento il rapporto assicuratore-contraente/assicurato. Anche per le polizze a premi annui, il rischio é alto e seppur in presenza di un contatto periodico, la sospensione del pagamento dei premi potrebbe essere interpretata dall'impresa come una volontà del contraente/assicurato di non proseguire il rapporto assicurativo e non per suo decesso, se non verificato dall'impresa stessa. In modo analogo, anche le polizze c.d. a vita intera e le polizze cd. "in differimento automatico di scadenza", per le quali non è prevista una scadenza contrattuale e che danno diritto al pagamento della somma assicurata al verificarsi del decesso dell'assicurato o in caso di riscatto. - soggette a minor rischio sono le polizze vita c.d. "di risparmio" (polizze miste, capitali differiti, rendite differite e capitalizzazioni) che riconoscono ai beneficiari una prestazione sia in caso di vita dell'assicurato alla scadenza pattuita sia in caso di sua morte nel corso della durata del contratto. Per queste forme, infatti, sono previsti dalla normativa sia momenti periodici di informativa al contraente (es: comunicazioni di rivalutazione annua delle prestazioni, ...) sia una verifica, alla scadenza contrattuale, della esistenza in vita dell'assicurato, finalizzata al pagamento del capitale caso vita. Un ultimo e cruciale aspetto attiene l'identificazione e la ricerca dei beneficiari se, al momento della stipula della polizza, la designazione dei beneficiari da parte del contraente non è nominativa, ma avvenuta in forma generica (es. eredi legittimi e/o testamentari) e sempre se l'impresa non ha rilevato tutte le informazioni utili a contattarli. I dati emersi- Per le "assicurazioni temporanee caso morte o TCM": n.3.912.632 di polizze scadute negli anni 2012-2016 su cui le imprese non hanno certezza dell'eventuale decesso dell'assicurato, pari al 58,2% dei contratti emessi. In termini di importi delle somme assicurate, potenzialmente dormienti, siamo nell'ordine di circa € 145,1 miliardi (capitali inizialmente assicurati) senza considerare di casi di diminuzione del valore, propri delle garanzie assicurative a copertura del debito residuo (es.: polizze PPI - Payment Protection Insurance) nelle quali il capitale assicurato decresce nel corso della durata del contratto al decrescere del debito sottostante; - per le altre polizze con scadenza "miste, capitali differiti, rendite differite e capitalizzazione" il fenomeno é molto più contenuto: il 96,6% dei contratti emessi sono stati liquidati con un residuo del 2,6% delle polizze, legate a possibile dormienza, per un valore di circa € 45 miliardi; - per le polizze a vita intera che non hanno una scadenza definita e si concludono con il riscatto o con la liquidazione della prestazione per il decesso dell'assicurato é emerso che, per il 41,9% delle polizze, le imprese non hanno ricevuto negli ultimi 3 anni notizie da parte del contraente (€ 24 miliardi di somme assicurate - 5,8% del portafoglio in vigore al 31 dicembre 2016) dalle quali poter presumere l'esistenza in vita dell'assicurato. Le procedure adottate dalle impreseIn assenza di denuncia dell'evento, le imprese come procedono per le autonome e periodiche verifiche? Le verifiche dei decessi, ove presenti, sono strettamente connesse agli accordi d'intermediazione stipulati dalle imprese con i distributori, in particolare con quelli bancari attraverso incentivi alla rete di vendita per il recupero dei premi sospesi e per la conservazione del portafoglio al fine di monitorare le polizze in essere. Le imprese che utilizzano reti bancarie ha introdotto flussi informativi con gli intermediari che prevedono la comunicazione giornaliera alla compagnia dei nominativi degli assicurati deceduti. Situazione favorita dai rapporti bancari con il clienti che consentono il controllo dei decessi. In linea generale, comunque, 14 imprese hanno dichiarato di non aver implementato processi o procedure, mentre per le altre 35 imprese, sono risultate procedure inadeguate. 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