Data: 19/08/2017 20:20:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - Punto di partenza della vicenda: la Questura respinge l'istanza di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia.
Il motivo di tale diniego poggia sul fatto che la persona interessata è stata condannata, tredici anni or sono, per concorso in abuso d'ufficio e falsità ideologica commessa da p.u. in atti pubblici.

La posizione dell'interessato

Il ricorrente ritiene evidentemente che ci sia qualcosa di sbagliato in questo decreto prefettizio: decide pertanto di agire promuovendo un ricorso davanti il tribunale amministrativo.
Ritiene infatti che la commissione dei reati descritti non abbia alcun significato circa l'utilizzo lecito delle armi e, soprattutto, non sia espressamente prevista come causa ostativa dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S.
Gli argomenti che utilizza nella redazione del ricorso sono i seguenti:
1) violazione dei principi del giusto procedimento,

2) violazione degli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S.,

3) assenza di vere cause di diniego delle autorizzazioni di polizia,

4) assenza di valutazione sull'affidabilità reale della persona,

5) assenza di valutazione della documentazione medica, che comprova l'idoneità al maneggio dell'arma.

La posizione del Ministero e della Questura

E' di segno opposto: per sostenere i propri argomenti produce alcune considerazioni e documenti.

La decisione del Tar

Favorevole per il ricorrente (Tar Lazio Roma, sezione 1 ter, sentenza n. 6433 del 31 maggio 2017).
Diciamo subito che il ragionamento dei giudici di primo grado è corretto siccome aderisce perfettamente al contenuto delle norme regolatrici della fattispecie.
Dice infatti il Tar che il rilascio della (negata) licenza è regolamentato dagli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S.: all'interno di queste fondamentali norme si trovano tutti gli elementi che ostacolano il rilascio e che, se sopravvengono, ne determinano la revoca.
Orbene, nel caso esaminato, al momento in cui è stato adottato l'atto impugnato il ricorrente non si trovava in nessuna delle ipotesi lì contemplate.
Il decreto impugnato è basato solo sul casellario giudiziale, che riporta una condanna di tredici anni fa per i reati sopra descritti, che però non hanno nulla a che fare con l'uso delle armi.
Tra l'altro, non risulta svolta neppure un'approfondita analisi della reale condotta della persona rispetto all'utilizzo delle armi.
Ragion per cui il decreto questorile viene annullato.
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