Data: 26/08/2017 18:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Sino a che il debitore che intenda avviare una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento non presenti il piano, non sarà possibile concedergli le misure cautelari protettive per il suo patrimonio.

Si tratta di una questione delicata sulla quale il Tribunale di Torino ha preso netta posizione con l'ordinanza del 18 agosto 2017 (qui sotto allegata).

In particolare, il giudice piemontese della VI sezione civile – fallimentare, aveva ricevuto dalla società debitrice un'istanza volta ad ottenere la concessione anticipata delle misure protettive, al fine di redigere la proposta di accordo di composizione della crisi, con nomina in pari data di un professionista.

Per il Tribunale, però, nel silenzio della legge a riguardo non deve ritenersi possibile concedere le misure cautelari prima del deposito della proposta di piano o di accordo.

Niente interpretazione analogica

Infatti, alla fattispecie in esame non è possibile applicare, neanche in via analogica, né l'articolo 15 né l'articolo 161, comma 6, della legge fallimentare. Non è nemmeno possibile ricorrere all'articolo 700 del codice di procedura civile.

Non ci sono i presupposti per la rimessione alla Consulta

Oltretutto, la mancata previsione di misure di tutela del patrimonio anticipate rispetto al deposito della proposta è il frutto di una scelta precisa del legislatore. Circostanza, questa, che rende insussistenti i presupposti per la rimessione alla Corte costituzionale, invocata dal debitore.

Il Tribunale di Torino, insomma, si pone sul solco già tracciato il 25 marzo scorso dal Tribunale di Cuneo, che aveva sottolineato come il disposto della legge che ha introdotto la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento è chiaro e volto a evitare che l'istituto venga strumentalizzato. Di fronte a tale circostanza, interpretazioni differenti rispetto a quella data sarebbero contra legem.


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