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Data: 26/08/2017 21:10:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli - La guardia medica chiamata da un paziente affetto da una grave sintomatologia che gli domanda un'urgente visita domiciliare non può limitarsi a consigliargli a voce un farmaco ma deve recarsi presso il malato. Le conseguenze per il sanitario, in caso contrario, possono essere anche molto gravi e ciò è chiaro se si legge la sentenza numero 39428/2017 depositata dalla sezione feriale della Corte di cassazione il 24 agosto (qui sotto allegata), che ha confermato la condanna di un medico, per tale motivo, per il reato di rifiuto di atti di ufficio. La vicendaNel caso di specie, a telefonare alla guardia medica era stato un uomo che aveva chiesto ripetutamente l'intervento a domicilio del sanitario, poiché sua moglie lamentava fortissimi dolori all'addome. Il medico, però, si era limitato a consigliare a voce un farmaco, liquidando così la vicenda. Al pronto soccorso, alla donna veniva diagnosticata una colonangite, con conseguente ricovero in chirurgia. Rifiuto di atti d'ufficioPer la Corte, un tale comportamento deve indubbiamente essere ricondotto al delitto di rifiuto di atti d'ufficio, come da giurisprudenza di legittimità rigorosa e ormai costante. Né in senso contrario rileva la circostanza che il controllo ospedaliero del paziente confermi la diagnosi iniziale della guardia medica, posto che la discrezionale valutazione del sanitario di compiere o meno la visita è sindacabile dal giudice al fine di accertare se il rifiuto non sia altro che un mero pretesto per giustificare l'inadempimento dei doveri del sanitario. Anzi, il reato deve ritenersi integrato anche se le condizioni di salute del paziente, in concreto, non siano poi risultate gravi e all'esito del successivo ricovero ospedaliero non sia stata prescritta alcuna terapia.
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