Data: 30/08/2017 12:30:00 - Autore: Stefano Tamagna

Dott. Stefano Tamagna - In tema di sanzioni amministrative emanate in conseguenza di violazioni a norme del Codice della Strada, ed in particolare per ciò che attiene agli eccessi di velocità, accade, nei casi in cui si oltrepassi i limiti di oltre di 10 km/h (ex art. 142, co. 8, C.d.S.), che oltre alla sanzione principale che attesta appunto l'avvenuta violazione e commina la relativa sanzione pecuniaria, venga irrogata anche la sanzione accessoria della decurtazione dei punti dalla patente di guida.

Il ricorso per evitare la sanzione accessoria della perdita dei punti

Si rileva dunque che per il soggetto multato, più che la questione economica (di norma si parla di sanzioni attorno ai duecento euro, che se pagate nei cinque giorni dalla notifica del verbale si riducono del 30%) interessi evitare la decurtazione dei punti.

Per tale ragione, quindi, spesso il cittadino tenta il ricorso avverso il verbale principale al solo fine di evitare la sanzione accessoria, ossia la perdita di punti (di norma 3, ma che possono diventare 6 nel caso in cui si oltrepassi il limite di oltre 40 km/h, ex art. 142, co. 9. C.d.S.).

La giurisprudenza in materia

Ebbene alla luce di ciò, poichè la normativa prevede che oltrepassare il limite anche di un solo km in più comporta oltre all'inasprimento della sanzione pecuniaria anche la decurtazione dei punti, laddove ne ricorrano i presupposti (che a breve saranno analizzati), la giurisprudenza ha ritenuto che sussista la possibilità, in capo al giudice, di determinare la sanzione, applicando quindi una pena di specie diversa da quella prevista nel verbale impugnato (sempre parametrata e contenuta nei limiti minimi e massimi previsti dalla normativa).

Muovendo dal granitico insegnamento della giurisprudenza, benchè risalente, ma da ritenersi tutt'ora più che mai attuale e condivisibile: la competenza del giudice di pace per violazione alle norme sulla circolazione stradale risulta essere stata ripristinata, in forza dell'art. 98 del DPR 30.12.1999, n 507, e, per altro verso, trattasi di competenza funzionale, non limitata alle sanzioni di carattere pecuniario, ma estesa anche alle sanzioni di natura diversa (cfr. Cass. SS. UU. 19.2.2004, n 3332), è possibile osservare quanto segue.

La determinazione della sanzione da parte del giudice

Trattandosi di opposizione a sanzione amministrativa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 205 C.d.S., 6 D. Lgs. n. 150/2011 e 11 L. 689/81, si ritiene che non sia precluso al Giudicante, alla stregua del giudizio di opposizione, valutate tutte le circostanze utili al caso, applicare una sanzione di specie diversa da quella prevista nel provvedimento impugnato.

Il Giudice, infatti, una volta giunto al proprio convincimento in ordine al fondamento della pretesa sanzionatoria, deve porsi d'ufficio il problema della sanzione accessoria e adottare le proprie determinazioni.

Valutato quindi ogni elemento di giudizio a sua disposizione – ossia: le modalità di accadimento del fatto, il comportamento processuale del ricorrente, gli elementi della sua personalità, le circostanze e le esigenze connesse alla funzione cautelare dei provvedimenti, un giudizio prognostico favorevole su una condotta di legittimità futura -, alla stregua di un'attenta applicazione al caso concreto e sorretto da adeguata motivazione, è possibile giustificare, in ipotesi, l'applicazione di una pena più mite di quella irrogata con il provvedimento impugnato, sempre se la stessa sia parametrata all'interno dei minimi e massimi fissati dalla legge.

Sul punto sostengono le Sezioni Unite: ' … devesi rilevare che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, anche in caso di reiezione dell'opposizione relativamente alla legittimità del provvedimento impugnato, il giudice fosse legittimato a determinare, in senso migliorativo per l'opponente, la misura della sanzione, recependo le considerazioni svolte al riguardo dall'interessato, anche nell'ipotesi in cui la P.A. sia tenuta per legge, a determinare la sanzione con un limite non inferiore ad una data soglia (v. Cass. 17 novembre 1999, n. 12747; 20 maggio 2000, n 5070). 9) Si è anche ritenuto (cfr. Cass. 10 dicembre 2003, n. 18811) che il giudice investito della congruità della sanzione, non è propriamente chiamato a controllare la motivazione dell'atto sul punto, ma a determinare la sanzione stessa applicando direttamente i criteri di cui alla l. n. 689 del 1981, art. 11, ma pur sempre in accoglimento della corrispondente domanda dell'opponente (v. Cass. 11 novembre 2004, n. 21486)' (Sez. Un. Civ. Sentenza 15 dicembre 2010, n. 25304).

Sulla base di detto principio la giurisprudenza di merito ha sostenuto che 'pur prendendo atto della previsione normativa di una riduzione percentuale fissa della velocità rilevata non si può non riflettere sul fatto che comunque gli strumenti elettronici non possono mai garantire un rilevamento preciso al cento per cento. Senza contare che non si può costringere il conducente a tenere gli occhi costantemente sul tachimetro, sia che non è possibile sapere se il proprio tachimetro è precisissimo ... ne consegue che nel caso in esame poichè l'autovelox ha rilevato una velocità assai prossima, sia pure in eccesso, ai limiti consentiti, si ritiene non applicabile l'ipotesi di cui al comma 7 dell'art. 142 C.D.S.' (G.D.P. Parma sent. 1539/2016).

In proposito si richiama inoltre la sentenza n. 373/2015 del Giudice di Pace di Pontremoli la quale statuisce "che non è possibile tener conto di eventuali ulteriori percentuali di riduzione collegate all'incertezza delle misure dello strumento che sono già comprese nella percentuale sopra citata (cioè 5% con minimo di 5 kmh), ma è anche vero che non si può escludere – nel caso in esame e in difetto di prova contraria sul punto – che il minimo scarto oltre i 10 kmh in più previsti dal comma 7 dell'art. 142 (nel caso in esame sono tre) sia stato dovuto a motivo eccezionale e derivante dalla necessità di tener conto del comportamento incolpevole dell'utente il quale può aver effettuato una manovra in accelerazione, per un momento limitato, per ragioni anche di sicurezza stradale, né in ogni caso si può richiedere all'utente stesso di far mente al proprio tachimetro in ogni istante di guida; comportamento questo sì che potrebbe mettere a rischio la propria e l'altrui incolumità. Ne deriva pertanto che la sanzione vada rideterminata – anche in virtù dei poteri officiosi concessi dalla normativa sulle sanzioni amministrative a questo Giudice – applicando la più favorevole sanzione prevista dal comma 7 del citato art. 142 Cds." .

In altro caso, invece, (vedi sentenza Giudice di Pace Parma n. 918/2015 sotto allegata) benchè il giudicante ritenesse di rigettare il ricorso, confermando la piena legittimità del verbale impugnato, lo stesso fissò la 'sanzione pecuniaria nel minimo edittale, stante la lieve trasgressione, senza possibilità di decurtazione dei punti sulla patente di guida non essendo individuato il trasgressore che era alla guida del mezzo sanzionato'

Dott. Stefano Tamagna

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