Data: 02/09/2017 16:30:00 - Autore: Giampaolo Morini

Avv. Giampaolo Morini - La cointestazione del conto va anche esaminata alla luce della nuova disciplina sanzionatoria degli assegni (l. 15 dicembre 1990, n. 386). Si ricorda che con la l. n. 689 del 1981 erano state introdotte modifiche al sistema penale dell'assegno ed era stato integrato il disposto dell'art. 116, prevedendo la pena accessoria del divieto di emettere assegni per un periodo da uno a tre anni. Con la l. n. 386 è stato abrogato integralmente l'art. 116 della legge assegni ed è stata riformulata la disciplina sanzionatoria.

La disciplina sanzionatoria sugli assegni

L'art. 5 stabilisce che la condanna per il reato di emissione di assegni senza autorizzazione o senza provvista comporta anche, come pena accessoria, il divieto di emettere assegni bancari o postali per un periodo da uno a due anni. Il successivo art. 9 prevede ancora che la banca ha l'onere di revocare al traente l'autorizzazione ad emettere assegni ed invitarlo a restituire i moduli in suo possesso quando per un assegno non pagato per difetto di provvista viene elevato protesto. La nuova autorizzazione ad emettere assegni non può essere data prima che sia trascorso il termine di tre o sei mesi, termine che varia in relazione all'ammontare degli insoluti.

Le due fattispecie sono diverse: nella prima, il divieto, è una pena accessoria, cosiddetta interdizione giudiziale, mentre nella seconda (revoca dell'autorizzazione che la banca è tenuta a manifestare), ha un effetto di prevenzione speciale e viene indicata come interdizione bancaria, perché proviene da una manifestazione, dovuta per legge, della banca.

Il divieto di emettere assegni viene rafforzato dalla previsione dell'art. 6 che impone al dipendente bancario di acquisire dichiarazione dalla quale risulti che il richiedente i moduli di assegni non sia interdetto alla relativa emissione e non abbia riportato sentenze di condanna.

La disciplina del rapporto cointestato

Tutte queste norme vanno calate nel rapporto cointestato e si può ritenere a tal proposito che:

— la dichiarazione in sede di ritiro dei moduli debba essere rilasciata da tutti i cointestatari quando il conto è a firma congiunta, mentre nel caso di firma disgiunta è sufficiente acquisire la dichiarazione del soggetto richiedente i moduli;

— l'interdizione ad emettere assegni colpisce il singolo soggetto, ma, nel caso di conto a firma abbinata incide sulla convenzione di assegni che non potrà più vivere; il conto, in tale ipotesi, potrà essere soltanto movimentato con ordini, lettere ossia con istruzioni impartite con mezzo diverso dall'assegno. Per i conti a firme disgiunte, l'interdizione, interessando il singolo cointestatario, comporterà unicamente che questi non è più autorizzato alla traenza. Gli altri cointestatari, al contrario, potranno utilizzare il conto come in precedenza;

— la revoca all'autorizzazione di cui all'art. 9 produce gli stessi effetti ora indicati e paralizza il conto corrente a firme congiunte e la facoltà del protestato di utilizzarlo, mentre nel conto a firme separate le posizioni degli altri cointestatari non subiranno alcuna modifica.

Nella pratica operativa, però, alla revoca dell'autorizzazione si accompagna, di norma, la dichiarazione di recesso da parte della banca e la consequenziale chiusura del conto per cui molti problemi si risolvono in fatto.

La cointestazione non dovrebbe avere alcuna rilevanza in caso di assegno emesso dal singolo cointestatario, senza provvista e quindi da protestare, sia per il conto a firme congiunte che per quello a firme disgiunte. Nel primo caso la causale sarà irregolare traenza, mentre nel secondo mancanza di fondi, il che incide solo sulla rilevanza penale del protesto stesso. Questo almeno era il pensiero prima di leggere la massima della sentenza del Tribunale di Milano 15 giugno 1989[1], ovvero: « nelle ipotesi di emissione di assegni a vuoto da parte di uno dei cointestatari di un conto corrente bancario, la pubblicazione nel bollettino dei protesti anche del nome degli altri cointestatari del conto ed il conseguente discredito commerciale non comporta responsabilità a carico della banca trattaria che ha chiesto il protesto e del notaio che lo ha redatto ». Invero la massima non è puntuale perché la sentenza argomenta la sua pronunzia in fatto.

La vicenda giudiziaria era la seguente: due soggetti cointestatari con un terzo di un conto corrente con facoltà di operare disgiuntamente sullo stesso, citano in giudizio la banca ed un notaio chiedendo il risarcimento dei danni in quanto sul Bollettino della Camera di Commercio illegittimamente era stato pubblicato oltre il nominativo del traente anche quello degli altri cointestatari del conto.

In giudizio, la banca nega ogni sua responsabilità ed il notaio evidenzia che solo uno dei due assegni era stato protestato a sua cura e che il relativo protesto non risulta pubblicato. Non vi è contestazione sulla legittimità del protesto, ma si discute sulla pubblicazione nel Bollettino dei protesti dei nomi dei contitolari del conto.

Il Tribunale di Milano, dopo aver confutato alcune argomentazioni marginali degli attori sulla natura del conto cointestato e sulle obbligazioni solidali nascenti dal contratto, evidenzia, in fatto, che la banca aveva precisato ai notai che il traente dei due assegni era il terzo cointestatario e che il conto trassato era intestato a tre soggetti, per cui alla banca non era addebitabile alcuna responsabilità in quanto aveva esattamente identificato il conto trassato e indicato il nome del firmatario dell'assegno a carico del quale doveva essere elevato il protesto.

Per quanto riguarda la responsabilità del notaio convenuto in giudizio, il Tribunale rileva che il protesto dell'assegno curato da detto P.U., non risultava pubblicato e, quindi, rigetta la richiesta di danni. I giudici milanesi concludono, però, che « l'eventuale irregolarità potrebbe semmai riguardare la fase successiva al protesto rispettoalla quale i soggetti qui convenuti non risultano affatto responsabili ».

Da quanto sopra si ricava agevolmente che la massima doveva essere di ben altro tenore: il protesto va elevato a carico del solo firmatario degli assegni ed i nomi dei cointestatari non vanno riportati nel Bollettino dei protesti. È chiaro che la banca ha dichiarato che il conto era intestato a Tizio, Caio e Nevio e che Nevio era il traente dell'assegno in questione. Va valutato se era necessaria ed utile la indicazione dei soggetti contitolari del conto in sede di consegna dell'assegno al P.U. per il protesto che colpisce e deve colpire unicamente il traente, a carico del quale verrà coltivato il procedimento penale e curata la pubblicazione nel Bollettino dei protesti. Si deve ritenere che le banche si dovrebbero limitare ad identificare il traente senza ulteriori — pericolose — precisazioni ed attenersi quindi strettamente alle indicazioni che sono state fornite anche di recente per la regolamentazione delle procedure di « scambio dei titoli per stanza »; in conclusione, per evitare che soggetti estranei al protesto possano subire danni, sembra prudente non nominarli e così è certo che a loro carico non vi sarà né il protesto, né la pubblicazione, né una eventuale contestazione penale.

Avv. Giampaolo Morini

Corso Garibaldi, 7

55049 Viareggio (LU)

giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it

0584361554



[1] Trib. Milano, 15 giugno 1989.


Tutte le notizie