Data: 03/09/2017 18:40:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Niente omologazione dell'accordo di separazione per due coniugi che vogliono continuare a coabitare nella casa familiare per ragioni di convenienza economica. Tanto emerge dall'ordinanza (qui sotto allegata), depositata il 6 giugno 2017 dal Tribunale di Como, pronunciatosi sulle condizioni di separazione di una coppia, incentrate in particolare sulla gestione dell'habitat familiare.

Separazione: l'accordo dei coniugi

Il Tribunale rammenta che l'accordo dei coniugi � elemento fondante delle condizioni di separazione, avente natura negoziale, e il decreto di omologa ha lo scopo di controllarne la compatibilit� rispetto alle norme cogenti e ai principi di ordine pubblico, nonch�, in presenza di figli minori, ovvero maggiorenni non autosufficienti economicamente, di compiere una pregnante indagine circa la conformit� delle condizioni relative ad affidamento e mantenimento allo interesse degli stessi (cfr. Cass. 9287/97, 2602/13).

Tanto premesso, nel caso di specie l'accordo delle parti non pu� essere omologato a causa delle condizioni relative alla gestione della casa familiare, in particolare laddove si stabilisce che i coniugi continuino a convivere a tempo indeterminato "separati in casa" sino a quando le condizioni economiche familiari non consentiranno di reperire una diversa soluzione abitativa.

In realt�, gli stessi coniugi hanno ammesso di vivere da anni "separati in casa" senza intenzione di allontanarsi dalla casa familiare di compropriet�, frutto di tanti sacrifici, dove dispongono ciascuno di una camera da letto personale e usano a turno gli altri locali.

Niente omologa per l'accordo dei coniugi "separati in casa"

Tuttavia, secondo i giudici, le finalit� solidaristiche precisate dall'avvocato dei ricorrenti nel giustificare tale situazione (preservare le risorse economiche familiari, agevolare gli studi del figlio e garantire alla moglie eventuale assistenza personale a causa di non precisati problemi di salute), potrebbero benissimo essere perseguite anche da "separati".

Fermo restando, spiega il Tribunale, che sul piano personale le parti hanno facolt� di comportarsi e autodeterminarsi come meglio credono, la loro volont�, anche nella sfera personale e familiare, non pu� per� scegliere la forma da dare al proprio stile di vita al punto da piegare gli istituti giuridici sino a dare riconoscimento e tutela a situazioni le quali, non solo, non sono previste dallo ordinamento, ma si pongono altres� in contrasto con i principi che ispirano la normativa in materia familiare.

In altre parole, l'ordinamento non pu� dare riconoscimento, con le relative conseguenze di legge, a soluzioni "ibride" che contemplino il venir meno tra i coniugi di gran parte dei doveri derivanti dal matrimonio, pur nella persistenza della coabitazione, la quale, ex art. 143 c.c., costituisce anch'essa uno di questi doveri e rappresenta la "cornice" in cui si inseriscono i vari aspetti e modi di essere della vita coniugale. 

Nonostante in costanza di matrimonio tale dovere possa essere derogato, per accordo tra i coniugi, nel superiore interesse della famiglia, s� da non escludere la comunione di vita interpersonale, ci� non autorizza ad affermare la validit� di un accordo (con le conseguenze di legge della separazione) volto a preservare e legittimare la mera coabitazione una volta che sia cessata la comunione materiale e spirituale tra le parti.

L'intollerabilit� della convivenza

L'istituto della separazione, infatti, trova giustificazione in una situazione di intollerabilit� della convivenza, intesa come fattore tipicamente individuale, riferibile alla personale sensibilit� e formazione culturale dei coniugi, purch� per� oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile.

Nel caso di specie non pu� "oggettivamente" apprezzarsi la condizione di intollerabilit� della convivenza laddove gli stessi coniugi progettino di prorogarla a tempo indeterminato per ragioni di convenienze varie, atteso il contrasto con il dato di realt� reso evidente dalla persistente, collaudata, e "tollerata" convivenza.

Non pu� accogliersi, dunque, la pretesa di attribuire, con il provvedimento di omologa, riconoscimento giuridico, con i conseguenti effetti tipici della separazione coniugale, a un accordo privatistico che regolamenti la condizione di "separati in casa". Diversamente opinando, l'istituto della separazione consensuale, se del tutto svincolato da riferimenti oggettivi, si presterebbe fin troppo facilmente a operazioni elusive o accordi simulatori, per finalit� anche illecite.

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