Data: 05/09/2017 16:10:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Portiera dell'auto aperta all'improvviso, un pedone colpito in pieno volto mentre cammina sul marciapiede. Una situazione paradossale che, tuttavia, ha ingenerato un procedimento per il risarcimento dei danni subiti dal pedone.

Del caso si è trovata a occuparsene la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, pronunciandosi con l'ordinanza n. 20482/2017 (qui sotto allegata) sul ricorso dell'uomo, colpito in pieno volto dalla portiera di un'autovettura aperta improvvisamente dal conducente mentre passeggiata lungo il marciapiede in prossimità del quale era parcheggiata la vettura.

Il giudice adito per primo gli aveva riconosciuto un risarcimento di soli 300 euro, da qui l'appello che, tuttavia, si è risolto in un nulla di fatto: il Tribunale, infatti, accogliendo l'appello incidentale avanzato dalla compagnia assicurativa, riteneva che la versione dei fatti prospettata dal pedone non rispondesse al vero poiché contrastante con elementi di fatto notori che facevano escludere che l'attore potesse essere stato attinto dallo sportello all'altezza della bocca.

I "fatti notori" individuati dal giudice a quo e fondanti la decisione sarebbero l'altezza della vettura (indicata in non più di 1,55 mt), quella del marciapiede (indicata in almeno 10 cm) e quella della suola delle scarpe calzate dal pedone (almeno 2 cm).

Da qui la conclusione che, tenuta presente l'altezza dell'attore (indicata in 1,70 mt) e stimata in 12 cm la distanza fra la sommità del capo e la bocca dell'attore, non risultava verosimile che lo sportello lo avesse colpito alla bocca.

Cassazione: niente valutazione presuntiva su elementi non notori

Per la Cassazione, tuttavia, l'impugnazione del pedone colpito dallo sportello risulta fondata. Per gli Ermellini, il giudice d'appello ha compiuto valutazioni presuntive basate su almeno tre elementi che esulano dalla nozione di "notorio" comprensiva dei fatti che, rientrando nella comune esperienza, devono intendersi conosciuti senza necessità di essere specificamente provati.

È evidente che l'altezza della vettura, quella del marciapiede e la distanza fra la bocca e la sommità del capo del ricorrente costituiscono elementi che non rientrano nella comune esperienza (se non in senso generico e orientativo) e che, pertanto, avrebbero dovuto essere specificamente accertati, eventualmente a mezzo di c.t.u., affinchè fossero individuati nella loro effettiva oggettività e poter costituire la base di un accertamento presuntivo non inficiato dall'incertezza dei fatti "noti".

La sentenza, conclude il Collegio, risulta dunque viziata nella parte in cui ha attribuito valenza di notorio a fatti che non rivestono tale natura e richiedono pertanto di essere provati per poter essere posti (direttamente o indirettamente, tramite argomentazioni presuntive) a fondamento della decisione.

La sentenza va dunque cassata con rinvio al giudice di merito, in persona di altro magistrato, che provvederà anche sulle spese di lite.

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