Data: 05/09/2017 19:10:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Chi intende proporre, nel giudizio di divorzio, una domanda riconvenzionale con la quale chiedere al giudice il riconoscimento dell'assegno divorzile deve aver cura di rispettare il termine di 20 giorni prima dell'udienza di comparizione.

A tale riguardo, la Corte di cassazione, con l'ordinanza numero 18527/2017 (qui sotto allegata), ha chiarito tuttavia che la circostanza che la domanda debba essere proposta entro tale termine non esclude la ritualità della domanda proposta con comparsa di risposta dinanzi al presidente del tribunale, "in tempo antecedente alla udienza di prima comparizione dinanzi al giudice istruttore di cui all'art. 180 cod. proc. civ.".

La vicenda

Alla base della pronuncia della Corte c'era la vicenda di un marito che, appellando la sentenza con la quale era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del suo matrimonio, aveva presentato eccezione di decadenza della moglie dalla domanda di assegno, non avendo la stessa depositato alcuna memoria di costituzione dinanzi al giudice istruttore di primo grado dopo l'udienza presidenziale.

Il diritto della donna di percepire l'assegno era anche contestato in quanto, a detta dell'uomo, mancavano i requisiti costitutivi dello stesso. In via subordinata, il relativo importo avrebbe dovuto quanto meno essere ridotto.

Il giudice dell'appello, tuttavia, non aveva accolto nessuna delle pretese del marito, tanto da indurre quest'ultimo a rivolgersi alla Cassazione per tentare l'ultima strada possibile.

La decisione della Corte

Con l'ordinanza depositata lo scorso 26 luglio, i giudici, come detto, hanno innanzitutto sancito la ritualità della richiesta di assegno proposta dalla donna in tempo antecedente all'udienza di prima comparizione dinanzi al giudice istruttore.

Con buona pace del marito, poi, la Corte ha anche ratificato la decisione dei giudici del merito circa la misura dell'assegno, ritenendo che la stessa fosse stata presa tenendo ampiamente conto della documentazione che le parti avevano prodotto in giudizio e dei parametri normativi e giurisprudenziali relativi alla determinazione di tale contributo. Correttamente, infatti, si erano prese in considerazione le rispettive condizioni economiche di marito e moglie e la prospettiva di "assicurare una vita indipendente e dignitosa" alla donna senza con ciò incidere in maniera "eccessivamente gravosa sulle disponibilità economiche" dell'uomo.


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