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Data: 17/10/2017 21:40:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Le cittadine italiane che hanno la necessità di eseguire una mammografia non devono per forza piegarsi alle infinite liste di attesa nelle quali vengono inserite dal nostro Sistema Sanitario Nazionale: in Italia, infatti, esiste uno specifico Piano nazionale di Governo delle liste d'attesa, che è stato elaborato dal Governo di intesa con le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, con il fine di garantire tempi certi per l'erogazione di determinate prestazioni e, anche in tal modo, contribuire alla piena attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, che riconosce la salute "come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività". Mammografia entro 60 giorni al 90% delle pazientiTale piano, in particolare, ha individuato ben 58 prestazioni, tra quelle offerte dal Servizio Sanitario Nazionale, il cui svolgimento deve essere garantito entro dei tempi ben definiti al 90% dei cittadini che ne fanno richiesta. Tra queste rientra la mammografia che, come altri esami strumentali, deve essere erogata entro 60 giorni dalla richiesta. Ad essa si affiancano, tra le altre, diverse tipologie di TAC, di RMN, di ecografie e di ecocolordoppler. Sempre entro 60 giorni vanno poi erogati alcuni esami specialistici, tra i quali l'elettromiografia, la colonscopia, l'audiometria e l'elettrocardiogramma. Dal privato al prezzo del ticketI predetti termini non sono fissati solo sulla carta, ma il loro mancato rispetto fa sorgere in capo al cittadino un importante diritto: quello di farsi visitare da un medico privatamente, pagando solo il prezzo del ticket. Così vale, quindi, per la mammografia: se l'ospedale non eroga la prestazione entro 60 giorni, la paziente potrà avvalersi di tale facoltà e chiedere il rimborso di quanto pagato in aggiunta a quanto avrebbe esborsato se le tempistiche pubbliche fossero state rispettate. A tal proposito si precisa che, anche prima dell'adozione del Piano nazionale di Governo, il decreto legislativo numero 124/1988 aveva previsto, all'articolo 3, l'onere per i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e ospedaliere di determinare i tempi massimi di attesa per l'erogazione di una determinata prestazione con possibilità per l'assistito, in caso di superamento di tali tempistiche, di chiedere che la prestazione venisse resa nell'ambito dell'attività libero-professionale intramuraria senza alcun costo aggiuntivo rispetto a quello del ticket. Domanda necessariaA questo punto è fondamentale fare un'opportuna precisazione: le cittadine che intendano avvalersi della possibilità di sottoporsi a mammografia privatamente in caso di mancato rispetto delle tempistiche delle liste d'attesa devono preventivamente farne richiesta, in carta semplice, al direttore generale dell'Azienda Sanitaria Locale di appartenenza. In particolare, nella domanda devono essere indicati, oltre ai propri dati personali, anche i riferimenti temporali che testimoniano il ritardo e giustificano quindi la domanda, suffragati da adeguata documentazione. Teoricamente dovrebbe essere la ASL a dirottare automaticamente la paziente alla prestazione in regime di attività libero professionale esercitata intramoenia, ma ciò non sempre avviene. A tale proposito, per comprendere come comportarsi operativamente (ovverosia, ad esempio, se e quanto attendere una risposta prima di recarsi autonomamente dal medico privato per poi pretendere la differenza tra quanto pagato per la mammografia e il prezzo del ticket) è fondamentale verificare quali disposizioni e procedure siano state dettate concretamente a livello locale da ciascuna Regione, posto che è proprio a tali enti che il decreto legislativo numero 124/1998 affida il compito di disciplinare l'effettiva tempestività dell'erogazione delle prestazioni nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi dettati a livello centrale. Leggi anche: "Tac entro 60 giorni o scatta il diritto ad andare dal privato pagando solo il ticket" |
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