Data: 23/10/2017 11:30:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - È legittimo che alla ex moglie, ormai settantunenne e priva di occupazione lavorativa, spetti un assegno compatibile con le capacità economiche del marito a seguito della cessazione degli effetti civili di un matrimonio durato 35 anni.

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, sent. 24805/2017 (qui sotto allegata), ha confermato la decisione dei giudici di merito che, a seguito del divorzio di una coppia "attempata", avevano imposto al marito il versamento di un assegno divorzile nei confronti della moglie.

La somma, inizialmente fissata in 1.300,00 euro mensili, rideterminata in appello in 1.700,00 euro mensili, appare giustificata dalla sperequazione reddituale e patrimoniale tra i due: in particolare, l'ex marito poteva contare, non solo, su un reddito complessivo di 60mila euro annui, ma anche su beni di proprietà dal valore stimato in 400mila euro.

La partner, invece, aveva lamentato la totale assenza di redditi, nonostante fosse proprietaria di beni stimati in complessivi 100mila euro.

Divorzio: sì all'assegno alla ex 71enne disoccupata

La vicenda giunge al vaglio degli Ermellini a seguito del ricorso, principale e incidentale, di entrambe le parti.

La moglie si duole che l'importo dell'assegno non sia stato, in sede d'appello e come da lei richiesto, raddoppiato in considerazione delle istanze probatorie da lei avanzate e non accolte. Sul punto, tuttavia, i giudici di Piazza Cavour non concordano: le censure sono non solo inammissibili, perché intese sostanzialmente a una riedizione del giudizio di merito, ma anche infondate.

La Corte d'Appello, infatti, è pervenuta alla sua decisione, che presuppone l'inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione della donna, prendendo in considerazione aspetti essenziali quali la mancata percezione di redditi, la sua condizione di sostanziale preclusione al mercato del lavoro, la modestia del capitale disponibile per effetto dello scioglimento delle situazioni comproprietarie con il marito, la durata del matrimonio e l'apporto garantito nel suo corso non solo alla vita familiare e alla crescita dei figli, ma anche all'attività economica del marito.

Invece, l'ex marito censura in Cassazione l'acritico recepimento delle conclusioni della C.T.U. operato dal giudice d'appello, oltre che la quantificazione operata dalla medesima consulenza quanto ai redditi diversi attribuiti alle parti.

Tuttavia, per il Collegio, anche tali doglianze sono inammissibili per la loro strumentalità a una riedizione de giudizio di merito e anche anche infondate nel loro nucleo centrale.

Dalla consulenza tecnica, infatti, la Corte d'Appello ha tratto l'accertamento e la definizione di fatti che sostanzialmente le parti non contestano: con giudizio sufficientemente e logicamente motivato la Corte d'Appello ha ritenuto che l'ex moglie, dopo un matrimonio durato 35 anni e dichiarato sciolto definitivamente, non è apparsa in possesso di mezzi adeguati ad affrontare la propria vita di donna ormai 71enne e priva di redditi lavorativi.

L'accertamento peritale, inoltre, ha ritenuto compatibile l'ammontare dell'assegno con le capacità economiche dell'uomo, motivazione non sindacabile in Cassazione.

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