Data: 28/11/2017 19:14:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – Con il termine apolide si fa riferimento a un soggetto che non è considerato cittadino da nessuno Stato in base al proprio ordinamento giuridico. Tale circostanza è generalmente connessa alla modifica dei confini territoriali o di sovranità degli Stati, a discriminazioni per razza, sesso, etnia o opinioni politiche o a problemi di natura amministrativa.

A seconda che l'apolidia sussista dalla nascita o si verifichi successivamente con la perdita della cittadinanza di uno Stato senza acquisizione della cittadinanza di un altro Stato, si suole distinguere tra apolidia originaria e apolidia successiva.

Tutela accordata agli apolidi

Gli apolidi sono tutelati dalla legge italiana in maniera particolare: ad essi, infatti, sono riconosciuti i medesimi diritti accordati ai rifugiati politici.

Agli apolidi, ad esempio, possono essere rilasciati i documenti di identità e il permesso di soggiorno, gli stessi hanno diritto al lavoro, alla previdenza sociale e all'assistenza sanitaria, dopo cinque anni di residenza nella penisola possono richiedere e ottenere la cittadinanza italiana e così via.

Tuttavia, su come ottenere il riconoscimento dello status di apolide regna ancora oggi molta incertezza, specie per quanto riguarda la documentazione che si renda effettivamente necessaria a tal fine.

Accertamento dello status

A tal proposito, tuttavia, merita di essere segnalata una recente sentenza della Corte di cassazione, la numero 28153/2017 del 24 novembre (qui sotto allegata), con la quale i giudici hanno chiarito cosa è effettivamente necessario produrre per l'accertamento dello status di apolide.

In particolare, il richiedente deve allegare specificamente:

  • di non possedere la cittadinanza dello Stato o degli Stati con cui intrattenga o abbia intrattenuto legami significativi,
  • di non essere nelle condizioni giuridiche e/o fattuali necessarie per ottenere il riconoscimento della predetta cittadinanza secondo i sistemi normativi applicabili.

Prova in giudizio

Con la medesima pronuncia i giudici hanno precisato anche che il principio dell'attenuazione dell'onere della prova in giudizio e il conseguente obbligo di cooperazione officiosa del giudice del merito operano, a tal fine, solo per poter colmare le lacune probatorie che eventualmente derivano dalla necessità di conoscere in maniera specifica i sistemi normativi e procedimentali inerenti alla cittadinanza negli Stati di riferimento e per poter assumere informazioni o svolgere approfondimenti istruttori presso le autorità competenti.

Insomma, "come per il riconoscimento della protezione internazionale, l'onere di allegazione è specifico e il potere dovere istruttorio officioso del giudice ha una funzione integrativa".

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