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Data: 30/11/2017 09:44:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli Affinché possa parlarsi di mobbing, č necessario che le condotte del datore di lavoro in danno del proprio dipendente siano persecutorie, sistematiche e ripetute in un arco di tempo breve. Per la sezione lavoro della Corte di cassazione, come si evince dalla sentenza numero 28098/2017 del 24 novembre (qui sotto allegata), non č possibile contestare al datore dei singoli episodi che sono avvenuti a distanza di anni. La vicendaSulla base di tale considerazione, i giudici hanno respinto le doglianze di un lavoratore che chiedeva il risarcimento del danno da mobbing in ragione dell'esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro che, a suo dire, sarebbe stato caratterizzato da modalitą contestabili e da un' inusitata frequenza. In realtą, perņ, si trattava di quattro episodi circoscritti tra giugno e ottobre 2005 e distaccati nel tempo sia dalle due ulteriori contestazioni disciplinari dell'ottobre 2003 che dalla contestazione, non seguita da sanzione, del novembre 2006 e da quella, dichiarata giudizialmente illegittima, del settembre 2007. Per la Corte ci si trova, quindi, di fronte a episodi "sforniti del carattere della sistematicitą, della durata dell'azione e non collegati tra loro da un medesimo intento persecutorio" e, in quanto tali, inidonei a configurare mobbing. I parametri del mobbingManca, infatti, almeno uno dei quattro parametri richiesti per potersi parlare di mobbing lavorativo, che sono stati individuati dalla giurisprudenza nei seguenti:
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