Data: 10/01/2018 17:40:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Con la rivoluzionaria ed oramai nota sentenza n. 11504 della Cassazione del 10 maggio 2017 gli Ermellini hanno stabilito che nella valutazione dell'an dell'assegno di divorzio non si deve più tenere conto del parametro del "tenore di vita". A seguito di tale pronuncia, moltissimi ex coniugi obbligati al versamento stanno chiedendo la revisione del diritto all'assegno. Sebbene la sentenza sia un mero precedente, al quale nessun giudice è formalmente vincolato, è chiaro che la stessa sta orientando la maggior parte delle decisioni sul punto.

Vediamo, quindi, quando si ha diritto all'assegno alla luce della sentenza 11504.

Assegno di divorzio: i parametri dell'art. 5 della legge sul divorzio

Preliminarmente, va ricordato che, dal punto di vista normativo, l'assegno di divorzio è previsto dall'art. 5 della legge sul divorzio n. 898/1970. Il diritto è riconosciuto se il Tribunale accerta che uno dei due coniugi si trova in una condizione di debolezza economica. Il giudice per determinarne la misura deve tenere conto:

  • delle condizioni dei coniugi,
  • delle ragioni della decisione,
  • del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune,
  • del reddito di entrambi,
  • il tutto rapportato anche alla durata del matrimonio.

Il giudice, concretamente, giunge alla determinazione dell'an e del quantum dell'assegno attraverso due fasi distinte:

- nella prima verifica in astratto se sussiste, in favore del coniuge più "debole", il diritto all'assegno;

- nella seconda stabilisce l'entità dell'assegno in modo concreto, tenendo conto di tutti i criteri elencati dall'art. 5, che possono incidere anche negativamente sulla somma astratta fino ad azzerarla, se il "tenore di vita goduto durante il matrimonio" non è compatibile con tutti gli altri parametri.

Quanto sancito dalla sentenza numero 11504/2017 incide solo sulla prima di tali due fasi, nella quale, secondo quanto in essa stabilito, non deve più farsi riferimento al tenore di vita.

Assegno di divorzio: cosa cambia dopo la sentenza

Se quindi lo scopo dell'assegno divorzile, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai da considerarsi superato, è quello di garantire all'ex coniuge lo stesso "tenore di vita" goduto durante il matrimonio, per la sentenza n. 11504/2017 esso deve assicurare la sola autosufficienza economica. Pertanto se l'ex coniuge può mantenersi con le proprie forze non gli spetterà alcun assegno; in caso contrario il contributo deve fornirgli il necessario per "raggiungere" l'autonomia economica. Il criterio di misurazione dell'assegno appare quindi svincolato anche dal reddito dell'obbligato. A fronte di uno stipendio elevato di chi deve corrisponderlo, infatti, non è detto che l'assegno di divorzio lo sia altrettanto.

Assegno di divorzio: come si desume l'autosufficienza

Per accertare la sussistenza o meno dell'indipendenza economica di chi richiede l'assegno, l'adeguatezza o meno dei suoi mezzi e la possibilità o meno di procurarseli, occorre quindi ora fare riferimento a nuovi e diversi indici. In particolare, l'autonomia economica del beneficiario può essere dimostrata nel momento in cui egli:

  • è titolare di reddito da lavoro dipendente o autonomo;
  • riceve aiuti economici dai familiari;
  • risulta intestatario di proprietà immobiliari o mobiliari;
  • percepisce canoni di locazione o d'affitto;
  • è giovane e abile al lavoro e ha la capacità e l'opportunità effettiva di trovare un impiego;
  • gode stabilmente di un'abitazione.

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