Data: 22/11/2005 - Autore: Roberta Costantini
Il tentativo di conciliazione è un importante fase che viene svolta esclusivamente dal presidente una volta presentato il ricorso per la separazione dei coniugi. L'articolo 706 c.p.c. precisa che una volta inoltrato il ricorso al presidente, egli fissa immediatamente l'udienza di comparizione dinnanzi a sé e stabilisce un termine per la notificazione all'altro coniuge del ricorso e del decreto. All'udienza così fissata i coniugi devono comparire personalmente. Si richiede la presenza personale dei coniugi esclusivamente per esperire il tentativo di conciliazione. Il tentativo di conciliazione è un'importante funzione dell'udienza presidenziale, dove lo stesso presidente cercherà di portare al compimento bonario della controversia per far cessare la materia del contendere. L'articolo 708 c.p.c. disciplina: ?Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, procurando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce, il presidente anche d'ufficio, da con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a questo?. La funzione della prima udienza presidenziale è congiuntamente, quella del tentativo di conciliazione, ma anche, qualora tale tentativo non riuscisse, quella di emanare provvedimenti temporanei ed urgenti basati solo su quanto risulta dal ricorso e dalle dichiarazioni rese dai separandi, autorizzati a vivere separatamente determinando il loro regime di vita temporaneo. Da tali informazioni iniziali si comprende la necessaria comparizione dei coniugi innanzi al presidente. Tale comparizione si reputa necessaria, sia per l'esperimento del tentativo ma anche, soprattutto per esercitare un vero e proprio diritto di difesa. In realtà i nostri dubbi ricadono sul tentativo di conciliazione; l'interrogativo si snoda sulla reale utilità dello stesso tentativo. Occorre considerare che due coniugi, chiedono la separazione personale basandosi su una situazione obbiettiva, ossia da fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole. Ci chiediamo se tale situazione obbiettiva, può essere riconsiderata dai coniugi una volta innanzi al presidente. In realtà difficilmente possiamo pensare che con la semplice seduta del presidente, i coniugi cambino radicalmente le loro intenzioni, ma riconosciamo l'importante ruolo del giudicante: in effetti egli, avvalendosi del prestigio e della sua autorità inerente alla sua carica, imparziale ed in termini ragionevoli, opera più che come un giudice come un ?bonus vir? come un autorevole consigliere. In realtà potremmo trovare la naturale funzione del tentativo di conciliazione da un punto di vista pratico. In effetti negli ultimi venti anni c'è stata un evoluzione vertiginosa delle separazioni, nel senso che si è passati da un numero veramente esiguo di separazioni personali, ad un numero di istanze che fanno registrare mediamente 12.000 ricorsi ogni anno, coinvolgendo più di 24.000 persone. Immaginiamo che il tentativo abbia una doppia valenza, se da una parte l'intento del giudice è quello di alleggerire un fenomeno che sta diventando sempre più frequente nella nostra società, praticando l'autentico ?esame di coscienza? agli stessi coniugi, dall'altra si attribuisce l'utilità del tentativo nel caso in cui i coniugi facciano istanza di una separazione giudiziale piuttosto che consensuale. In questa ultima situazione si può considerare esperito il tentativo di conciliazione qualora il Presidente riesce a far tramutare un ricorso per separazione giudiziale in domanda consensuale, provocando l'accordo dei coniugi sulle condizioni della separazione. A questo punto occorre ribadire l'importante comparizione personale delle parti di fronte al presidente. In effetti qualora il coniuge convenuto non intenda presentarsi quali effetti ne conseguono? L'articolo 707 c.p.c. disciplina al terzo comma: ?Se non si presenta il coniuge convenuto il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso o del decreto gli sia rinnovata?. La mancata comparizione di uno dei coniugi, comporta la perdita di efficacia della domanda, qualora l'assenza sia giustificata da gravi e comprovati motivi. La giurisprudenza insegna che nella prassi, ove l'impedimento sia soltanto temporaneo, si consente al coniuge ricorrente di comparire a mezzo di procuratore speciale mentre al coniuge convenuto viene fissato un nuovo giorno per la comparizione. In realtà occorre precisare il caso in cui sia accertata la mancata volontà del coniuge convenuto di presentarsi innanzi al presidente. Un'importante sentenza si pronuncia spiegando che: ?all'omologazione della separazione consensuale dei coniugi non osta la mancata comparizione di uno di loro all'udienza presidenziale, con la conseguente impossibilità del tentativo di conciliazione, quando il ricorso congiunto sia stato confermato dal coniuge comparso e dal difensore dell'altro e le condizioni della separazione concordate non siano contrarie a norme imperative?. Questa importante sentenza chiarisce il singolare caso in cui il coniuge convenuto rifiuti di presentarsi di fronte al presidente puntualizzando che la mancata comparizione di una parte non rende inefficace l'istanza di separazione consensuale quando: 1) il ricorso congiunto dovrà essere confermato dal coniuge comparso e dal difensore dell'altro coniuge; 2)le condizioni concordate dai coniugi non siano contrarie a norme imperative. A tal punto concludiamo che la mancata comparizione di uno dei coniugi non rende inefficace il ricorso per separazione consensuale dei coniugi, ma equivarrà al semplice insuccesso del tentativo di conciliazione ove il presidente non ritenga di dover fissare una nuova udienza.
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