Data: 06/01/2018 14:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - Le relazioni personali all'interno dell'ambiente militare possono portare a tensioni e conflitti: quali sono allora i rapporti problematici che sfociano in un vero e proprio fenomeno di mobbing e, come tali, possono essere risarcibili in giudizio?

 

L'emarginazione del dipendente può essere mobbing

Ebbene, sono gli attacchi preordinati contro il militare, ripetuti, collegati tra loro e non casuali a mostrare tutti i tratti tipici del mobbing.

Dimostrare il mobbing è difficile ma non impossibile

Di certo non è facile riscontrare l'esistenza del fenomeno di cui parliamo, così come è complesso arrivare alla prova in causa.
Per farlo dobbiamo pensare a comportamenti tenuti da parte dell'Amministrazione idonei a screditare il militare, a condotte unite dall'intento vessatorio per emarginare il dipendente, ad un sovrastante e antecedente progetto teso ad annientare il soggetto bersaglio.
Ovviamente non basta pensare a questo disegno: nella causa ideata bisognerà organizzare scrupolosamente la prova di tutto.
E questo, si ripete, non è affatto semplice.
Ma non impossibile, come vedremo.

La soluzione del Tar Campobasso

Una dimostrazione della difficoltà di questo tipo di prove, ma anche della possibilità di farcela su alcune voci di danno, ci viene dato dal Tar Campobasso che, nella sentenza commentata (la n. 23 del 19.01.2016) illustra tutti gli elementi che devono essere richiamati e comprovati per poter aspirare ad una sentenza favorevole in questa delicata materia.

La mortificazione accertata

Nel caso trattato dal Tar la mortificazione del militare era arrivata da multipli attacchi alla sua persona, scaturiti da: azioni disciplinari reiterate e poi richiamate in autotutela, mancato tempestivo pagamento di rimborsi per missioni, strani trasferimenti per ancor più dubbie incompatibilità ambientali con superiori, dinieghi di qualunque tipo frapposti a qualunque lecita richiesta del militare diretta al proprio superiore, negazione senza motivi di accesso agli atti e costrizione del dipendente a rivolgersi alla Commissione per l'Accesso la quale a sua volta stabiliva l'obbligo di ostensione, diversi provvedimenti sanzionatori adottati dall'Amministrazione nei confronti del militare poi sistematicamente annullati in sede giurisdizionale, rapporti valutativi declinati progressivamente in peggio, clima sempre ostile nel quale l'operato del dipendente era sempre oggetto di rilievi da parte dei superiori.

La dimostrazione del danno morale da mortificazione

Questione complessa, come anticipato nel preambolo, è la prova del nesso causale tra i fatti accertati in corso di causa e il danno che ne è scaturito a carico della persona che lo rivendica.
A vantaggio del ricorrente gioca il fatto che sempre egli, proponendo via via i suoi ricorsi, ha cercato di arginare e contestare le azioni nefaste dell'Amministrazione nei suoi riguardi.
A suo vantaggio gioca poi il fatto che l'Amministrazione non ha fatto nulla per impedire la demolizione della figura del militare/dipendente anzi, con la sua condotta ha dato causa a tali spiacevoli e lesive circostanze.
Le vessazioni, così descritte, possono essere riferite direttamente all'Amministrazione nel suo complesso, dal momento che gli ufficiali superiori ponevano in essere comportamenti connessi alla loro posizione gerarchica all'interno della struttura amministrativa.

Il danno risarcibile

E' il danno morale, quantificabile in via equitativa secondo il tribunale con un importo compreso tra la metà e i due terzi di un'annualità di trattamento economico netto (dopo aver fatto la media dei trattamenti annuali percepiti dal militare ricorrente in un certo intervallo triennale di tempo, al finire del quale egli era stato trasferito).

Un consiglio

Per le cause da avviare che appaiano simili a quella studiata, ci si deve preoccupare della prova in modo scrupoloso.
In altri termini: se si vuole chiedere ed ottenere anche il risarcimento del danno biologico, bisogna produrre la documentazione idonea a comprovarlo e non rischiare semplicemente inserendo nell'atto la richiesta di una consulenza tecnica d'ufficio che, come è noto, non esime la parte dal proprio onere ex art. 2697 c.c.
Lo stesso discorso vale per la domanda del danno da mancato sviluppo della carriera: anche qui la prova deve essere rigorosa, con la dimostrazione del perché le vessazioni abbiano inciso sulla progressione della stessa.
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