Data: 10/01/2018 19:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

di Valeria Zeppilli – I rapporti tra genitori e figli non sempre sono semplici e, purtroppo, può anche accadere che si finisca dinanzi al giudice penale.

Con la sentenza numero 343/2018 (qui sotto allegata), ad esempio, la Corte di cassazione ha affrontato il caso di un uomo, imputato per aver effettuato numerosissime telefonate al padre, avergli inviato ripetutamente e-mail e messaggi sul cellulare e averlo contattato indesideratamente in maniera continua.

Una tale condotta, per i giudici del merito, è idonea a integrare il reato di molestie o disturbo alle persone di cui all'articolo 660 del codice penale e, in assenza di qualsivoglia posizione differente della Corte di cassazione, nulla può salvare il figlio dalla condanna, con le attenuanti generiche, alla pena di euro 150 di ammenda.

No alla particolare tenuità

Per sottrarsi alla condanna definitiva, l'uomo si era rivolto ai giudici di legittimità lamentando la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. A detta del figlio, infatti, nel caso di specie ricorrevano le condizioni richieste dall'articolo 131-bis del codice penale, poste le modalità dell'azione, la minima intensità dell'elemento psicologico e l'assenza di danno.

Per la Cassazione, però, non può non considerarsi che l'istituto rivendicato in terzo grado non ha mai formato oggetto di richiesta al giudice di merito, nonostante sia entrato in vigore prima della pronuncia della sentenza impugnata. Per tale ragione il ricorso dell'imputato risulta inammissibile e la condanna per molestie nei confronti del padre non può più essere evitata.


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