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Data: 13/01/2018 09:37:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - L'avvocato che comunica reiteratamente alla Cassa Forense dati reddituali falsati al fine occultare una parte, non modesta o irrisoria, del suo volume di affare, commette un'omissione contributiva; la prescrizione, in tal caso, inizia a decorrere dal momento in cui la Cassa viene a conoscenza dell'ammontare dei redditi effettivamente conseguiti dal professionista a seguito di comunicazione dell'amministrazione finanziaria. All'uopo, è validamente interruttiva del decorso del termine prescrizionale, la raccomandata inviata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, dovendosi presumere l'arrivo al destinatario se questi non dimostra di non averne avuto conoscenza senza colpa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 335/2018 (qui sotto allegata) con cui ha dato seguito ai consolidati principi giurisprudenziali in tema di validità degli atti interruttivi della prescrizione. La vicendaLa Corte d'Appello, confermando la sentenza di primo grado, aveva rigettato l'opposizione dell'avvocato contro la cartella esattoriale che lo aveva intimato al pagamento di una somma per omesso versamento di contributi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (nel triennio 1992-1994), oltre somme aggiuntive. L'avvocato aveva reiteratamente comunicato alla Cassa dati reddituali non corrispondenti al vero e divergenti nell'entità (in maniera non modesta o irrisoria) rispetto a quelli, invece, denunziati all'amministrazione finanziaria: tale comportamento, secondo i giudici, costituiva volontà dell'avvocato di occultare l'effettivo ammontare dei redditi percepiti per versare una contribuzione inferiore a quella dovuta. Pertanto, trattandosi di omissione contributiva, la prescrizione sarebbe decorsa dal momento in cui la Cassa era venuta a conoscenza, a seguito di comunicazione dei dati da parte dell'amministrazione finanziaria (in data 24 luglio 2001), dell'ammontare dei redditi effettivamente conseguiti dal professionista. Per la Corte territoriale erano, tuttavia, intervenuti validi atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale: in particolare, la lettera raccomandata inviata in data 15 dicembre 2002, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, avrebbe costituito prova certa della spedizione dalla quale conseguiva una presunzione di arrivo al destinatario, in difetto di prova di non averne avuto conoscenza senza colpa. Prescrizione interrotta anche dalla raccomandata senza avviso di ricevimentoIn Cassazione, l'avvocato assume che la sospensione del decorso della prescrizione non sia determinata dalla qualificazione soggettiva della condotta e che la prescrizione inizi a decorrere dal momento di spedizione del modello 5 contenente i dati reddituali (il 30 settembre dell'anno successivo a quello al quale la dichiarazione è riferita). Solo da tale momento, secondo la difesa, la Cassa avrebbe potuto esercitare l'attività di controllo mediante gli strumenti approntati dall'art. 17, penultimo comma, della L. n. 576/1980, strumenti il cui utilizzo non era stato impedito dal debitore. Inoltre, secondo la difesa, la raccomandata non avrebbe validamente interrotto il nuovo termine non essendo stato prodotto, negli atti, alcun avviso di ricevimento. Tuttavia, per il Collegio tale ricorso è inammissibile. Gli Ermellini rilevano come non sia stata mossa alcuna censura sullo specifico apprezzamento svolto dalla Corte di merito sulla vicenda, ai fini dell'applicazione dell'art. 2941, n. 8, c.c.: in sostanza, appare decisivo il carattere doloso della condotta del ricorrente volta a falsare reiteratamente le dichiarazioni rimesse alla Cassa forense al fine di occultare una parte, non modesta o irrisoria, del volume di affari e di evadere il corrispondente obbligo contributivo. Inoltre, sulla validità degli atti interruttivi della prescrizione, la Corte si è conformata ai principi interpretativi consolidati della giurisprudenza di legittimità secondo cui la lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta. Da ciò consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto.
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