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Data: 19/01/2018 10:00:00 - Autore: Laura Bazzan
Diritto ai beni in natura: l'art. 718 c.c.[Torna su]
L'art. 718 c.c. sancisce il diritto di ciascun coerede ad ottenere in natura la sua parte di beni mobili e immobili ereditari, salvo quanto previsto dalle successive disposizioni codicistiche. Detta norma esprime il principio fondamentale secondo cui, di regola, il coerede ha diritto a porzioni materiali della cosa comune, analogamente a quanto previsto, in generale, dall'art. 1114 c.c. per il condividente in ipotesi di scioglimento della comunione ordinaria. Dal combinato disposto degli artt. 718 e 727 c.c. si ricava come il diritto di ciascun coerede non implichi il conseguimento di una porzione di ciascun bene, bensì di una porzione composita formata da beni mobili, immobili e crediti, proporzionale per qualità e quantità alle rispettive quote ereditarie. In altre parole, alla divisione in natura non si procede mediante il frazionamento per quote di ogni singolo cespite, ma in base alla proporzionale suddivisione dell'intera eredità (o asse ereditario) secondo un criterio di omogeneità qualitativa delle quote, di modo che ognuno degli eredi si veda attribuiti tanti mobili, immobili e crediti quanti ne possa vantare in rapporto alla propria quota. All'eventuale ineguaglianza delle quote così costituite, pone rimedio l'art. 728 c.c. prevedendo la possibilità di un conguaglio in denaro a finalità perequativa. I limiti dell'art. 718 c.c.: la comoda divisibilità[Torna su]
L'applicabilità dell'art. 718 c.c. viene di fatto esclusa non solo in ipotesi di mera non divisibilità dei beni, ossia quando i beni sono assolutamente indivisibili, ma anche in caso di non comoda divisibilità, ossia quando "pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l'aspetto squisitamente strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l'aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell'intero bene" (Cass. n. 3635/2007). Con preciso riferimento alla divisione dei beni immobili, si ammette che nel relativo giudizio il giudice possa disporre l'esecuzione di opere particolari idonee ad assicurare proporzionalità e funzionalità delle quote (cfr. Cass. n. 2918/1990), mentre ove questi non siano comodamente divisibili, o il frazionamento arrechi pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell'igiene, e la divisione non possa avvenire senza frazionamento, si procede ai sensi dell'art. 720 c.c. In tal caso, l'assegnazione avviene per intero preferibilmente al condividente con la quota maggiore, salvo conguagli, oppure nelle porzioni di più coeredi se costoro ne richiedono congiuntamente l'attribuzione; in via residuale si fa luogo alla vendita all'incanto. Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che l'eccezione all'art. 718 c.c. trova esclusiva applicazione in ipotesi di singole unità immobiliari indivisibili, non anche per pluralità di immobili ove sia possibile formulare un progetto di assegnazione che destini a ciascun condividente porzioni dei beni ereditari in natura (cfr. Cass. n. 406/2014). Il medesimo regime è stato esteso in via analogica anche ai beni mobili. Deroga all'art. 718 c.c.: gli assegni divisionali[Torna su]
L'art. 718 c.c. può essere derogato dalla volontà del testatore di destinare un determinato bene ad uno dei coeredi e il favor testamenti impone di prediligere la suddivisione effettuata dallo stesso de cuius a norma dell'art. 733 c.c. Le disposizioni testamentarie volte a stabilire determinate regole per la formazione delle porzioni, in particolare, sono vincolanti salvo che l'effettivo valore dei beni non corrisponda alle quote stabilite dal testatore. L'indicazione di assegni divisionali, ovvero di assegnazioni nella quota stabilita a ciascun chiamato, fa venire meno il diritto dei coeredi ex art 727 c.c. "di conseguire, per quanto possibile, una parte dei vari beni relitti dal de cuius, rimanendo ad essi soltanto il diritto di ottenere beni di valore corrispondente a quello della quota che ad essi compete" (Cass. n. 8049/1990). Le preferenze così espresse, pertanto, non evitano l'instaurazione della comunione ereditaria ma si limitano a regolare la futura divisione con efficacia obbligatoria e non reale, diversamente dal caso in cui il testatore abbia provveduto all'immediata divisione con diretta assegnazione del bene ai sensi dell'art. 734 c.c. Vedi tutte le guide su Eredità |
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