Data: 21/01/2018 12:00:00 - Autore: Pier Vincenzo Garofalo

Avv. Pier Vincenzo Garofalo - Dispone l'art. 1102 del codice civile: "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".

Limitazioni all'uso della cosa comune

La norma in esame pone dunque importanti limitazioni all'uso della res comune, salvo legittimare quelle modifiche utili a migliorarne il godimento. Le eventuali "migliorie" non deliberate dalla maggioranza di cui all'art. 1136 cod. civ. (comma 5 o comma 2), ex iurisprudentia costante saranno a carico del soggetto che arbitrariamente le ha apportate, salvo se ne dimostri l'urgenza.

Innovazioni e maggioranze

Pertanto, ex lege, le innovazioni richiedo specifiche deliberazioni con maggioranza variabile e strettamente correlata alla tipologia dell'opera da realizzare.
Le innovazioni "dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni" richiedono un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio (art. 1136 co 5 cod. civ.); di contro, quelle che abbiano ad oggetto le opere elencate nel secondo comma dell'art. 1120 cod. civ. possono essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e metà del valore dell'edificio (art. 1136 co 2 cod. civ.).
Più precisamente, art. 1120 cod. civ. co 2:
1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;
2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;
3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.

Poteri e doveri dell'amministratore

L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.

Ulteriori limitazioni

Ma non tutte le innovazioni sono consentite, infatti, così come indicato nell'ultimo comma dell'art. 1120 cod. civ.: "Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino".

Tutela del decoro architettonico

Ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 cod. civ. in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell'edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione, abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità. La tutela del decoro architettonico - di cui all'art. 1120 c.c. - attiene a tutto ciò che nell'edificio è visibile ed apprezzabile dall'esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, per cui il proprietario della singola unità immobiliare non può mai, senza autorizzazione del condominio, esercitare una autonoma facoltà di modificare, quelle parti esterne, a prescindere da ogni considerazione sulla proprietà del suolo su cui venga realizzata l'opera innovativa (Cass. Ord. del 18/01/2018 n. 1235; Cass. Sez. 2, 19/06/2009, n. 14455; Cass. Sez. 2, 14/12/2005, n. 27551; Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398).



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