Data: 26/01/2018 20:07:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - L'assegno di divorzio può essere revocato nel momento in cui vengono meno determinati presupposti per la sua conservazione. Ai motivi di estinzione automatica dell'assegno di divorzio previsti dalla legge se ne affiancano altri, frutto di una lunga e ormai consolidata elaborazione giurisprudenziale.

Vediamo quindi come fare per chiedere la revoca dell'assegno di divorzio e in quali casi si può o non si può revocare.

Come si chiede la revoca dell'assegno di divorzio

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A parte i casi in cui la revoca avviene automaticamente, se il soggetto obbligato desidera agire per ottenere la revoca dell'assegno di divorzio, deve dimostrare che sussistono giustificati motivi a supporto della sua domanda.

In questo caso egli ha due possibilità:

- se il soggetto beneficiario si oppone alla revoca, l'unica strada da percorrere è quella giudiziale. Il coniuge obbligato dovrà quindi intraprendere una causa in cui dovrà dimostrare documentalmente che dopo la sentenza che ha riconosciuto l'assegno, si sono verificati dei mutamenti che non giustificano più la corresponsione dello stesso;

- se invece il coniuge beneficiario non fa alcuna resistenza alla revoca, non ci sono figli minorenni o maggiorenni non autonomi e non si devono affrontare trasferimenti patrimoniali allora le parti potranno semplicemente recarsi in Comune e chiedere la revoca dell'assegno.

Come ribadito di recente dalla Cassazione nella pronuncia n. 15481/2017, al fine di disporre la revoca dell'assegno di divorzio "i relativi accertamenti vanno compiuti, appunto, sulla base delle pertinenti allegazioni deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge".

Inoltre, come precisato dalla Cassazione n. 4292/2017: "In tema di determinazione dell'assegno di mantenimento in sede di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, l'esercizio del potere del giudice che, ai sensi dell'art. 5, comma 9, della legge n. 898 del 1970, può disporre - d'ufficio o su istanza di parte - indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituisce una deroga alle regole generali sull'onere della prova; l'esercizio di tale potere discrezionale non può sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del "bagaglio istruttorio" già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova; tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicché la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su fatti specifici e circostanziati".

Assegno di divorzio: quando si può chiedere la revoca

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La corresponsione dell'assegno di divorzio, secondo la legge 898/1970 cessa automaticamente:

  • se il beneficiario passa a nuove nozze (art. 5 comma 10);
  • se si verifica il decesso del coniuge obbligato o del beneficiario.

L'art. 9 della Legge n. 898/1970 prevede inoltre che la revoca dell'assegno di divorzio può essere richiesta dall'obbligato e dal beneficiario se dopo la sentenza di divorzio, sopravvengono giustificati motivi che vanno a modificare le condizioni economiche delle parti.

La domanda con cui si chiede la revoca o la modifica dell'assegno di divorzio deve quindi essere supportata da giustificati motivi sopravvenuti. Devono essersi cioè verificati mutamenti importanti nelle condizioni personali o economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi, dopo la sentenza che ha riconosciuto il diritto all'assegno.

Assegno divorzio: i giustificati motivi sopravvenuti che possono condurre alla revoca

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Sono diversi i giustificati motivi sopravvenuti che possono condurre alla revoca dell'assegno di divorzio.
Vediamoli singolarmente:

Nuova convivenza

Se la legge sul divorzio prevede che il passaggio a nuove nozze rappresenta uno dei motivi di cessazione automatica dell'assegno di divorzio, la giurisprudenza, dando rilievo al nuovo modello della famiglia di fatto, ritiene che anche la nuova convivenza dell'ex coniuge beneficiario, purché caratterizzata da stabilità e durevolezza (non necessariamente da intimità come precisato dall'ordinanza n. 6009/2017 della Cassazione) rappresenti un giustificato motivo per chiedere la revoca dell'assegno di divorzio.
In questo modo la convivenza di fatto viene parificata alla famiglia fondata sul matrimonio, in quanto frutto di una scelta consapevole, che acquista maggior valore se viene arricchita dalla presenza di figli. Ai fini della revoca, non rilevano i problemi economici dei nuovi conviventi, poiché verrebbe meno la coerenza dell'interpretazione giurisprudenziale menzionata. Come precisato dalla Cassazione, con sentenza 19345/2016 inoltre, la nuova convivenza dell'ex coniuge beneficiario dopo il divorzio, determina il venir meno della solidarietà post matrimoniale gravante sul coniuge obbligato, anche se il nuovo compagno non è in grado di provvedere alle necessità della ex beneficiaria dell'assegno perché dichiarato fallito (Cassazione ordinanza n. 12879/2017). Spetta però a chi chiede la revoca dell'assegno: "la dimostrazione dell'instaurazione da parte del coniuge beneficiario di un nuovo rapporto familiare che assuma i connotati di famiglia di fatto spetta, in linea di principio, al coniuge onerato, come fatto estintivo del diritto all'assegno divorzile". Per cui se il soggetto obbligato non adempie a tale onere probatorio, il diritto della ex moglie all'assegno divorzile non viene meno (Cassazione n. 25074/2017).

Perdita del lavoro o riduzione orario

Sono giustificati motivi sopravvenuti anche la perdita del lavoro o la riduzione dell'orario. Lo sostiene la Cassazione civile nella sentenza n. 5378/2006. Ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 898 del 1970 la sopravvenuta diminuzione dei redditi derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa costituisce giustificato motivo di riduzione o soppressione dell'assegno, anche se l'alterazione dell'equilibrio economico delle parti rispetto alla pronuncia di divorzio dipende da una libera scelta dell'obbligato che opti per un part-time o accetti un lavoro a tempo determinato.

Pensionamento del coniuge obbligato

La Cassazione, nella sentenza n. 8754/2011 evidenzia come la pensione debba essere considerata un evento destinato a verificarsi nella vita del coniuge obbligato a corrispondere l'assegno di divorzio. La pensione rientra quindi nelle circostanze sopravvenute idonee a mutare in peggio le condizioni economiche e giustificato motivo per la richiesta di riduzione o di revoca dell'assegno di divorzio. Sullo stesso filone interpretativo si sono mosse anche le ordinanze della Cassazione n. 2435/2015 e n. 4263/2015.

Nascita di un figlio del soggetto obbligato

Altro giustificato motivo sopravvenuto consiste nella nascita di un figlio del soggetto obbligato all'assegno. La Cassazione nella sentenza 2959/2017 ha stabilito che la nascita ed il mantenimento di un nuovo figlio nato da una successiva unione familiare, con conseguente diminuzione dei redditi del soggetto obbligato, possono giustificare la revoca dell'assegno divorzile in favore della ex moglie.

Peggioramento salute coniuge obbligato

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 927/2014 ha confermato che il sopravvenire di una malattia o il peggioramento di una patologia in atto hanno sicuramente importanti conseguenze sulla capacità del soggetto obbligato a corrispondere l'assegno di divorzio, sia perché viene meno o comunque si riduce la capacità di produrre reddito, sia per le spese mediche che deve affrontare.

Assegno divorzio: giustificati motivi sopravvenuti che non conducono necessariamente alla revoca

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Alcuni giustificati motivi sopravvenuti invece non conducono necessariamente alla revoca dell'assegno divorzile.
Nello specifico:

  • La sopravvenuta delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio non comporta anche l'abolizione dell'assegno di mantenimento poiché non travolge gli effetti della sentenza di divorzio. Le pronunce che disciplinano i rapporti soggetti a mutamento dovuti a sopravvenienze, si caratterizzano per un giudicato "rebus sic stantibus", la cui autorità, intangibilità e stabilità, sono da ritenersi limitate nel tempo. In questi casi infatti non è correttamente configurabile un giudicato, proprio perché è possibile un giudizio di revisione (Cassazione, sentenze n. 11913/2009 e n. 13514/2015)
  • La sopravvenuta immissione in ruolo dall'ex coniuge beneficiario non giustifica la revoca dell'assegno di divorzio se la nuova qualifica non produce un rilevante incremento del suo reddito. Questo quanto statuito dall'ordinanza n. 16952/2014:"La Corte (...) condivide la relazione rilevando che la Corte di appello non ha voluto svalutare immotivatamente il fatto sopravvenuto della immissione in ruolo della prof. M., ma ha rilevato che tale elemento di fatto (il quale come si è detto si è sovrapposto utilmente per la a una situazione di svolgimento non stabilizzato della professione) non è sufficiente a determinare la modifica delle condizioni economiche del divorzio in relazione alla perdurante sperequazione della situazione reddituale degli ex coniugi e alla non rilevante entità dell'assegno divorzile e del contributo al mantenimento della figlia."
  • La Cassazione con la sentenza n. 28994/17 ha precisato che l'assegno di divorzio non può essere revocato se il soggetto beneficiario, nel caso di specie una donna ultrasessantenne, con una pensione di € 400,00 e solo una casa di proprietà, non ha la possibilità, per età, di inserirsi lavorativamente e quindi procurarsi il denaro che le occorre per essere autonoma.

Da quando decorre la revoca dell'assegno di divorzio?

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A questa domanda ha risposto di recente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30257 del 15/12/2017, la quale ha precisato che l'accertamento dell'insussistenza del diritto all'assegno divorzile produce i suoi effetti dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento del matrimonio, poiché è in questo momento che si verifica il presupposto di fatto per il suo riconoscimento.

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