Data: 02/02/2018 19:39:00 - Autore: Paolo Accoti

Avv. Paolo Accoti - La condotta di guida imprudente, riconducibile alla disattenzione posta nel verificare le condizioni del manto stradale, sono le cause del mancato avvistamento della buca, la cui presenza – anche in considerazione delle dimensioni della stessa e delle buone condizioni di visibilità – risultava prevedibile. Tali circostanze, pertanto, escludono il diritto al risarcimento del danno.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2298, depositata in data 30 Gennaio 2018, torna su un argomento sempre di stretta attualità, spesso frutto di acceso dibattito con prese di posizione a volte antitetiche.

La vicenda

La particolarità della vicenda risiede nella circostanza che le corti di merito, dapprima il Tribunale e poi la Corte d'Appello di Reggio Calabria, chiamate a decidere il merito della controversia poi definita dinnanzi al giudice di legittimità con l'ordinanza sopra detta, hanno ritenuto il caso in questione sussumibile alla fattispecie del fatto illecito ex art. 2043 Cc., e non a quella più pertinente del danno da cose in custodia, ai sensi dell'art. 2051 Cc.

La differenza tra le indicate fattispecie, peraltro, non è di poco conto, in considerazione del fatto che nel primo caso, quello del fatto illecito, l'onere della prova – quale regola generale – incombe sull'attore, nel caso di specie il danneggiato, viceversa, nel caso di danno da cose in custodia, la norma pone una presunzione di responsabilità a carico del custode il quale può essere esonerato solo qualora provi il caso fortuito, la forza maggiore o la responsabilità del terzo.

In altri termini, l'art. 2051 Cc impone al danneggiato di fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l'evento lesivo, nonché l'esistenza del rapporto di custodia; il custode, dal canto suo, è tenuto a provare l'esistenza di un fattore esterno che abbia quei requisiti di imprevedibilità e di eccezionalità tali da interrompere il predetto nesso di causalità, vale a dire la prova del caso fortuito o della forza maggiore.

Venendo al caso concreto accadeva che il conducente e il proprietario di un ciclomotore citavano in giudizio il Comune, al fine di vedersi risarciti i danni conseguenti ad una caduta del motociclista in una buca, ritenuta non segnalata, presente sul manto stradale.

La domanda veniva rigettata in primo grado, con sentenza confermata in appello. La Corte d'Appello, infatti, ha considerato che il giudice di primo grado bene aveva fatto ad inquadrare la vicenda sotto il paradigma dell'art. 2043 Cc e che, pertanto, l'attore non avrebbe provato, come era suo preciso onere <<i requisiti -della non visibilità e della non prevedibilità- integranti gli estremi dell'insidia stradale di cui l'amministrazione comunale era stata chiamata a rispondere>>.

Ricorrono per cassazione gli attori soccombenti eccependo la contraddittorietà e l'illogicità manifesta della motivazione, tuttavia, non censurano la stessa nella parte in cui ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame il disposto dell'art. 2043 Cc, anziché quello sicuramente più consono dell'art. 2051 Cc, tanto è vero che, a questo proposito, la Corte di Cassazione sottolinea come l'inquadramento compiuto <<dal primo giudice … non contestato in sede di gravame>>.

Buca prevedibile: nessun risarcimento

Ciò posto la Suprema Corte ritiene il motivo relativo alla <<«irriducibile contraddittorietà» e «illogicità manifesta» della motivazione) è infondato in quanto la Corte ha seguito un percorso motivazionale che, affermata la prevedibilità della buca e ricondotto esclusivamente all'imprudente condotta di guida del ... il suo mancato avvistamento, ha coerentemente escluso la ricorrenza degli elementi -della non prevedibilità e la non visibilità del pericolo- necessari ad integrare l'insidia stradale ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. (sulla base dell'inquadramento compiuto dal primo giudice e non contestato in sede di gravame); né le censure relative all'erroneità del richiamo all'art. 149 C.d.S. e alla supposizione che le vetture che precedevano il ciclomotore avessero un'«andatura non lineare» valgono a incrinare la sostanziale coerenza di una motivazione che è basata sulla prevedibilità dell'esistenza di buche stradali e sulla possibilità di avvistarle con una condotta di guida più attenta alle condizioni del manto stradale (tenuto conto anche dell'ampiezza dell'avvallamento e dell'orario «centro-diurno» in cui si era verificato il sinistro)>>.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite.

Come detto, il caso in questione pone una serie di dubbi e interrogativi, specie con riferimento alla normativa concretamente applicabile.

Ed invero mentre l'azione ai sensi dell'art. 2043 Cc impone al danneggiato di provare l'esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante, nel caso di azione fondata sull'art. 2051 Cc la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, potendo questi liberarsi soltanto attraverso la gravosa dimostrazione del fortuito.

In realtà pochi dubbi possono nutrirsi sulla qualità di custode della strada in capo all'Ente comunale, tant'è che salvo limitati precedenti risalenti nel tempo, la giurisprudenza è saldamente attesta sull'applicabilità alla pubblica amministrazione dell'art. 2051 Cc.

Tanto è vero che già da tempo si è statuito che, solo <<ove, per l'impossibilità di custodia del bene demaniale, non sia applicabile la disciplina di cui all'art. 2051 c.c., la pubblica amministrazione risponde per i propri comportamenti colposi dei danni subiti dall'utente di tali beni, secondo la regola generale dettata dall'art. 2043 c.c. e senza alcuna limitazione alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto.>>. (Cass. n. 15384/2006).

Ciò posto, tuttavia, va ribadito che: <<anche nell'ipotesi di danno da insidia stradale, la valutazione del comportamento del danneggiato è in effetti di imprescindibile rilevanza, potendo tale comportamento, se ritenuto colposo, escludere del tutto la responsabilità dell'ente pubblico preposto alla custodia e manutenzione della strada, o quantomeno fondare un concorso di colpa del danneggiato stesso valutabile ex articolo 1227, primo comma, c.c.>> (Cass. n. 15859/2015. Nello stesso senso, tra le altre: Cass. n. 15383/2006; Cass. n. 15375/2011; Cass. n. 999/2014).

In linea generale comunque, è stato più volte confermato come la prevedibilità dell'insidia è di per sé idonea ad escludere la responsabilità della pubblica amministrazione anche nelle ipotesi di cui all'art. 2051 Cc (custodia), tanto è vero che è stato escluso il risarcimento nel caso di caduta - avvenuta di giorno - in una buca presente nei pressi dell'abitazione del danneggiato (Cass. n. 13930/2015), come anche in caso di caduta in una zona non pavimentata sotto casa (Cass. 4663/2015) o nel caso del ciclista caduto in una buca presente al centro della strada (Cass. n. 18865/2015).

Senza dimenticare, infine, che, in virtù dei consolidati orientamenti giurisprudenziali, il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Lo stesso, infatti, è tenuto ad esaminare sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti.


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