Data: 10/02/2018 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Anche una sola telefonata pu� essere idonea a far scattare il reato di molestie: questo, infatti, non ha necessariamente natura abituale e pu� essere integrato anche da una sola azione, purch� particolarmente sintomatica dei requisiti della fattispecie tipizzata

Cos� la Corte di Cassazione, prima sezione penale, si � pronunciata nella sentenza n. 6064/2018 (qui sotto allegata) sul ricorso dell'imputato per il reato di molestie.

La vicenda

Questi era stato condannato dai giudici di merito per aver, per petulanza o biasimevole motivo, effettuato
chiamate telefoniche mute o caratterizzate da riferimenti a persone conosciute dal denunciante e avere inviato sms diretti all'utenza intestata alla parte offesa.

La difesa sostiene che, sotto un profilo oggettivo, non sarebbe stato integrato il reato contestato poich� si era trattato di sole tre telefonate, dunque sarebbe difettato il requisito della petulanza e/o altro biasimevole motivo.

In sostanza, per l'imputato deve escludersi che l'effettuazione di due sole telefonate mute possa costituire espressione di petulanza intesa quale atteggiamento di insistenza eccessiva e perci� fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera.
Inoltre, sarebbe mancato altres� il requisito dell'elemento soggettivo del reato avendo il ricorrente agito perch� preoccupato per la situazione in cui era coinvolta la propria amica, moglie del denunciante, autore di violenze in danno della moglie come emerso anche da sentenza di condanna dello stesso.

Molestia: anche una sola azione � idonea a integrare il reato

Secondo gli Ermellini, la difesa dimentica che le condotte moleste, secondo quanto esposto nella sentenza contestata, erano consistite anche in sms provenienti dall'utenza in uso all'imputato, alcuni trascritti in atti e fotocopiati e che il contenuto dei messaggi alludeva a una relazione sentimentale della ex moglie con l'imputato o con altri uomini, argomento sgradito e trattato al solo fine di infastidire e dileggiare il destinatario.

Correttamente, nella condotta siffatta, sono stati riconosciuti i tratti caratteristici della petulanza per l'insistente intromissione da parte dell'imputato nella sfera privata del denunciante, a nulla rilevando le pretese preoccupazioni per la situazione della moglie dello stesso, esposta a imprecisate violenze, che non avrebbero potuto essere impedite o rimediate mediante i comportamenti intrusivi e molesti oggetto di imputazione.

D'altronde, rammenta la Cassazione, il reato di molestia o disturbo alle persone, secondo consolidato insegnamento giurisprudenziale, non ha natura di reato necessariamente abituale, sicch� pu� essere realizzato anche con una sola azione, purch� particolarmente sintomatica dei requisiti della fattispecie tipizzata.

L'atto, spiega il Collegio, per essere molesto deve non soltanto risultare sgradito a chi lo riceve, ma dev'essere anche ispirato da biasimevole, ossia riprovevole, motivo o rivestire il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri.

Nel caso di specie, conclude la Corte, non � per� configurabile l'ipotesi del reato continuato, perch� la pluralit� di azioni disturbanti integra il carattere tipico dell'abitualit�, il che comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l'eliminazione dell'aumento di pena stabilito a tale titolo.

Tali rilievi sull'abitualit� della condotta giustificano anche l'esclusione della possibilit� di applicare la speciale causa di non punibilit�, prevista dall'art. 131 bis c.p. il cui testo esclude espressamente dal suo ambito di applicazione il comportamento abituale.

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