|
Data: 14/02/2018 10:49:00 - Autore: Gabriella Lax di Gabriella Lax – Al via l'obbligo di indicazione dell'origine della materia prima in etichetta per il riso e la pasta. Sono entrati pienamente in vigore i decreti firmati dai ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda che "consentono ai consumatori di di conoscere il luogo di coltivazione del grano e del riso in modo chiaro sulle confezioni. Nel solco di quanto fatto per latte e derivati, la sperimentazione è prevista per due anni". Lo segnala il ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con una nota. Alimenti: etichetta per riso e pasta, protegge il Made in Italy"Proteggere il Made in Italy - afferma il titolare del Mipaaf, Maurizio Martina - significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini". Per questo, spiega il ministro, "abbiamo voluto con forza sperimentare l'obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione. Un'informazione utile ai consumatori per poter scegliere in maniera informata e consapevole. Uno strumento necessario anche per valorizzare e tutelare il lavoro dei nostri produttori". La trasparenza "deve essere una battaglia comune – evidenzia ancora Martina - da condurre con tutta la filiera anche in Europa". E l'iniziativa italiana ha ottenuto anche un risultato importante dal punto di vista politico. "Dopo 4 anni la Commissione Ue ha presentato una prima bozza di regolamento attuativo della norma sull'etichettatura" osserva infatti il ministro - un passo avanti che va migliorato, a partire dall'indicazione obbligatoria e non facoltativa dell'origine delle materie prime". Stiamo lavorando – annuncia infine – "per una proposta che trovi il supporto della nostra filiera e di altri Paesi europei a partire dalla Francia. Se non cambierà la proposta – avverte - siamo pronti a dare voto negativo nel comitato che è chiamato ad esprimersi a Bruxelles". Alimenti, etichette obbligatorie: sanzioni fino a 40mila euroLe novità sulle etichette obbligatorie derivano dal decreto legislativo n. 231/2017 pubblicato in Gazzetta l'8 febbraio scorso (sotto allegato) che concretizza la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il provvedimento entra in vigore il prossimo 9 maggio 2018. Le sanzioni, per le imprese alimentari che non indicheranno correttamente gli allergeni nelle etichette, arriveranno fino a 40mila euro. Stessa sanzione per le aziende che vendono alimenti oltre la data di scadenza. Gli imprenditori possono salvarsi per il rotto della cuffia solo nel caso in cui si tratti della prima sanzione, in questo caso la stessa verrà sospesa, con diffida. In generale, le pene sono più pesanti, ma esistono posizioni che si alleggeriscono grazie alla nuova normativa: la riduzione del 30% della sanzione in caso di pagamento entro 5 giorni dalla contestazione, ad esempio. Tra le novità del decreto, l'introduzione della cosiddetta diffida, per la quale se vengono accertate violazioni sanabili, l'ispettorato repressioni frodi, cercherà l'adozione di prescrizioni per correggere il tiro, con una puntuale diffida ad adempiere nel termine perentorio di 20 giorni, solo in questo caso, se non ci saranno risultati si passerà a sanzionare e senza possibilità di usufruire della diminuzione del 30%. Ancora sarà possibile evitare la sanzione da 5.000 a 40.000 euro se non è stato indicato un allergene nell'etichetta se velocemente saranno avviate le procedure di recall, salvo che il fatto non costituisca reato. E, nel caso di allergeni non dichiarati, la condotta rientra nei casi presi in esame dal codice penale. Proporzionalmente, le microimprese beneficiano di sanzioni ridotte fino ad un terzo, così come le imprese senza scopo di lucro.
|
|