Data: 24/02/2018 06:00:00 - Autore: Paolo Accoti

Avv. Paolo Accoti - Il codice delle assicurazioni private (D.Lgs. 209/2005) prevede all'art. 143 la denuncia di sinistro, per cui, nel caso di sinistro avvenuto tra veicoli a motore per i quali vi sia obbligo di assicurazione, i conducenti dei veicoli coinvolti o, se persone diverse, i rispettivi proprietari, sono tenuti a denunciare il sinistro alla propria impresa di assicurazione, avvalendosi del modulo fornito dalla medesima, il modello di contestazione amichevole di incidente (cd. modello CID o CAI). Quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell'impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso.

Il valore confessorio del Cid

La norma è chiara nel ritenere - confortati anche dalla costante giurisprudenza - che tale modello, per assumere pieno valore confessorio, debba essere sottoscritto dal condecente del veicolo che sia, tuttavia, anche proprietario dello stesso.

La ratio di tale norma risiede nel fatto che il proprietario del veicolo assicurato risulta litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicurazione con azione diretta, ex art. 144, 149 e 141 codice delle assicurazioni.

In altri termini, il danneggiato ha l'obbligo di convenire in giudizio oltre alla compagnia di assicurazioni, anche il proprietario del veicolo, atteso che, ai sensi dell'art. 102 Cpc, la decisione in questi casi non può che pronunciarsi nei confronti di più parti, quali appunto l'assicuratore ed il proprietario che, pertanto, deve essere necessariamente convenuto nello stesso processo.

Viceversa il conducente, qualora non rivesta contestualmente anche la qualità di proprietario, è un mero litisconsorte facoltativo, ex art. 103 Cpc, vale a dire che lo stesso può anche essere citato in giudizio ma che, tuttavia, non esiste alcun obbligo in tal senso, al pari dello stipulante il contratto di assicurazione qualora sia persona diversa tanto dal proprietario quanto dal conducente del veicolo.

Ne consegue che, <<nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, la dichiarazione, avente valore confessorio contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro, per essere opponibile all'assicuratore debba essere resa dal responsabile del danno che sia anche proprietario del veicolo assicurato, caso questo di litisconsorzio necessario. Diversamente accade, come nel caso di specie, quando il conducente del veicolo non sia anche proprietario del mezzo in quanto quest'ultimo è solo litisconsorte facoltativo e la sua dichiarazione non fa stato nei confronti dell'assicuratore ma va liberamente apprezzata dal Giudice (Cass. U. n. 10311/2006; Cass. 3 n. 8214 del 4/4/2013; Cass. 6-3 n. 3875 del 19/02/2014).>>; ad ogni modo, anche in presenza di modello CID sottoscritto dal proprietario, è <<fatto salvo il potere del giudice del merito, in materia di responsabilità di sinistro stradale, di valutare come preclusa la portata confessoria del cosiddetto CID nell'esistenza di un accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto, come descritto in quel documento, e le conseguenze del sinistro come accertato in giudizio. L'incompatibilità logica delle dichiarazioni con la dinamica del sinistro è, secondo questa Corte, un momento antecedente rispetto all'esistenza e alla valutazione della dichiarazione confessoria (Cass. 3, n. 15881 del 25/06/2013).>> (Cass. civ. Sez. III, 20.02.2018, n. 4010).

Ciò posto, allorquando si fa riferimento al responsabile del sinistro stradale il riferimento va esclusivamente al proprietario del veicolo che ha causato il danno, e tanto in tutte le ipotesi di azione diretta, sia essa quella ordinaria di cui all'art. 144 Cod. Ass. ovvero quella di indennizzo diretto disciplinata dall'art. 149 Cod. Ass., ma anche quella per danni cagionati danni al terzo trasportato (art. 141 Cos. Ass.).

Tale regola subisce solo alcune eccezioni, contemplate tuttavia dalla legge e, in particolare, <<– quando il veicolo sia dato in usufrutto, nel qual caso litisconsorte necessario sarà l'usufruttuario (articolo 2054, comma 3, c.c.); – quando il veicolo sia stato venduto prima del sinistro con patto di riservato dominio, nel qual caso litisconsorte necessario sarà l'acquirente (articolo 2054 c.c., comma 3; – quando il veicolo sia stato concesso in leasing, nel qual caso litisconsorte necessario sarà l'utilizzatore (articolo 91 C.d.S.); – quando il veicolo abbia circolato prohibente domino, nel qual caso litisconsorte necessario sarà il conducente, non essendo configurabile in tal caso una responsabilità civile del proprietario (combinato disposto dell'articolo 2054, comma 3, ultimo periodo, e articolo 122, comma 3, cod. ass.).>>. (Cass. n. 254121/2014).

La procedura di indennizzo diretto

Per completezza occorre ricordare che allorquando si agisce in giudizio con la procedura di indennizzo diretto, ex art. 149 codice delle assicurazioni, vale a dire indirizzando la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato, esperibile, lo si ricorda, in caso di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, con danni alla persona del conducente non responsabile con postumi contenuti in lesioni pari o inferiori al 9 per cento (art. 139 Cod. Ass.), è necessario convenire in giudizio, oltre all'assicuratore, anche il proprietario del veicolo responsabile, come negli altri casi visti sopra.

Il chiarimento è reso necessario in virtù di un recente arresto della Corte di Cassazione che ha risolto un latente contrasto esistente tra le corti di merito in relazione alla necessità di evocare in giudizio, nei procedimenti ex art. 149 Cod. Ass., solo l'assicuratore ovvero anche il proprietario.

Ebbene la Suprema Corte ha osservato come <<l'azione che la legge offre al danneggiato nei confronti del proprio assicuratore non è diversa da quella regolata dall'art. 144 cit.; ne dà conferma in tal senso il comma 6 dell'art. 149 il quale attribuisce alla vittima la stessa azione regolata dalla norma precedente; e la possibilità che l'art. 149, comma 6, cit. conferisce all'assicuratore del responsabile di intervenire in giudizio e di estromettere l'altra impresa si collega alla posizione di accollo ex lege di cui si è detto in precedenza. La legge dice che, quando tale intervento ha luogo, la richiesta di estromissione è possibile se l'impresa interveniente riconosca la responsabilità del proprio assistito. Ora, è palese che tale responsabilità, per essere oggetto di riconoscimento, deve essere già oggetto di discussione nel giudizio introdotto dal danneggiato contro il proprio assicuratore e ciò è un'ulteriore indiretta conferma dell'esistenza del litisconsorzio necessario.>> (Cass. n. 21896/2017).


Tutte le notizie