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Data: 13/03/2018 06:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - In materia di responsabilità professionale dell'avvocato, il cliente sarà tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo sia stato provocato dall'insufficiente o inadeguata attività del professionista. Pertanto, non potrà l'assistito dedurre la negligenza del professionista senza produrre copie degli scritti e altri elementi necessari affinché il giudice valutare il nesso di causalità tra pregiudizio lamentato e asserito inadempimento. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 5653/2018 (qui sotto allegata) che ha respinto il ricorso di una società nei confronti di un'associazione professionale che aveva agito per il pagamento di alcuni onorari. La vicendaLa cliente si oppone al decreto ingiuntivo riguardante il pagamento delle spettanze e propone anche domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno conseguente a negligenza professionale dell'avvocato in relazione a un contenzioso avuto dalla società con un'altra impresa. Il Tribunale accoglie parzialmente l'opposizione, riducendo la somma richiesta dall'associazione, ma la domanda riconvenzionale della società viene respinta in quanto la produzione contenuta nel fascicolo di parte non avrebbe consentito di poter apprezzare l'indicata negligenza, non essendo state prodotte le copie degli scritti di entrambe le parti e la sentenza d'appello. Assunto che viene confermato dalla Corte d'Appello la quale evidenzia come le censure di parte fossero fondate su argomenti inerenti l'asserita erroneità della tesi difensiva proposta dal legale nel pregresso giudizio, senza contenere alcun riferimento agli scritti difensivi delle parti in causa, a brani delle sentenze, e soprattutto formulate in termini di apodittico giudizio di negligenza, che non sarebbe potuto automaticamente discendere dall'esito sfavorevole delle cause. Cassazione: il cliente deve provare l'inadempimento dell'avvocatoIn Cassazione, la cliente contesta al giudice a quo di aver deciso sulla base di una nozione di fatto rientrante nella comune esperienza (ovverosia che la negligenza professionale non possa discendere apoditticamente dall'esito sfavorevole dei giudizi svolti) inconferente rispetto alla questione posta (responsabilità nella cura degli interessi della società) e, inoltre, di aver deciso ignorando le prove proposte e i fatti specificatamente non contestati. Secondo la ricorrente, una volta allegata e addirittura provata la negligenza, sarebbe stato onere dell'associazione professionale dimostrare che non vi fosse stata alcuna negligenza professionale. Un assunto che non è affatto condiviso dagli Ermellini: in caso di responsabilità professionale, spiega la Cassazione, incombe al creditore danneggiato allegare lo specifico inadempimento idoneo ai fini della produzione del pregiudizio lamentato e provare la fonte negoziale dell'obbligo e il nesso di causalità fra l'inadempimento dedotto ed il pregiudizio. Infatti, in tema di responsabilità civile del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dall'insufficiente o inadeguata attività del professionista. Pertanto, si legge nel provvedimento, poiché l'articolo 1223 c.c. postula la dimostrazione dell'esistenza concreta di una danno, consistente in una diminuzione patrimoniale, la responsabilità dell'avvocato per la mancata comunicazione al cliente dell'avvenuto deposito di una pronuncia sfavorevole, con conseguente preclusione della possibilità di proporre impugnazione, può essere affermata solo se il cliente dimostri che l'impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta. Nel caso di specie, come rilevato dal giudice di primo grado e poi confermato in appello, la dedotta negligenza non poteva essere apprezzata mancando agli atti le copie degli scritti di entrambe le parti e la sentenza d'appello inerente la vicenda da cui sarebbe derivata la responsabilità del professionista. Tale valutazione effettuata dal giudice di merito, spiega al Corte, attiene al difetto di specificità dell'allegazione dell'inadempienza, la quale non comporta oneri probatori per il creditore, ma comporta l'onere di specifica inadempienza efficiente ai fini del pregiudizio, e tale onere risulta non assolto alla stregua della valutazione del giudice di merito. In secondo luogo, conclude il Collegio, l'insufficienza documentale non consente neanche la valutazione, stavolta sul piano probatorio, del nesso di causalità fra l'asserito inadempimento ed il pregiudizio lamentato, che incombe al cliente provare. Il ricorso viene dunque rigettato. |
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