Data: 11/01/2006 - Autore: Cristina Matricardi
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 41571/2005) ha stabilito che non giustifica lo spostamento del processo l'esposizione del Crocefisso in un'aula giudiziaria in quanto la circostanza non è lesiva della libertà morale dell'imputato. I Giudici del Palazzaccio hanno sottolineato che ?l'unica fonte normativa dell'esposizione del crocefisso nelle aule di udienza è la circolare emanata il 29/5/1929 dall'allora ministro di grazia e giustizia, il quale prescriveva che nelle aule di udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all'effige di Sua Maestà il Re, sia istituito il Crocefisso, secondo la nostra antica tradizione, spiegando che il simbolo venerato doveva essere solenne ammonimento di verità e di giustizia?. I Giudici hanno inoltre precisato che ?proprio in conformità alla natura intrinseca dell'istituto processuale di cui trattasi, che si risolve nel trasferimento del giudizio ad altro ufficio territoriale, la norma dell'art. 45 è chiarissima nell'indicare come presupposto necessario il carattere locale, cioè localmente circoscritto, della situazione idonea a turbare l'imparzialità e serenità del giudizio? e che ?l'istituto della rimessione ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, e pertanto richiede una interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, ivi comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la translatio iudicii?. Tanto premesso, prosegue la Corte ?non è dubitabile che la esposizione del crocefisso nell'aula di udienza è una situazione astrattamente sussimibile nella fattispecie processuali di cui all'art. 45 c.p.p. se si ha riguardo al suo carattere extraprocessuale? e che, pertanto ?ne consegue che non può invocarsi l'istituto della rimessione del processo per scongiurare un pericolo di parzialità del giudice o di turbamento del giudizio, quando la situazione che asseritamente genera quel pericolo ha dimensione nazionale, essendo evidente che in tal caso anche la translatio iudicii non sarebbe in grado rimuovere o evitare quella stessa situazione che si assume pregiudizievole per l'imparzialità e serenità del giudizio?.
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