Data: 19/02/2006 - Autore: www.laprevidenza.it
La Suprema Corte con la pronuncia n. 26081/2005 è stata chiamata ad affrontare la vexata questio relativa alla risarcibilità del danno patrimoniale futuro nell'ipotesi di danno cagionato a soggetto non lavoratore. Secondo la tesi ?classica?, il risarcimento del danno patrimoniale riguarderebbe solo soggetti lavoratori ovvero soggetti inseriti, comunque, in un contesto retributivo (si pensi al ?lavoro nero?, ai ?barboni? che chiedono le mance, ai venditori ambulanti, ecc.), perché solo in tale caso potrebbe sussistere un'effettiva deminutio patrimonii, in quanto il danneggiato, a seguito del danno ingiustamente subito, perderebbe la possibilità di guadagnare ovvero avrebbe perso la possibilità di guadagnare nei giorni di degenza ospedaliera; id est solo chi svolge un'attività, lato sensu, retribuita (anche nel senso di risparmio di spesa, come nell'ipotesi della ?casalinga?, secondo una certa tesi) che gli permette di aumentare il suo patrimonio può, se del caso, ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, diversamente, quindi, dal soggetto non lavoratore. Secondo la tesi più recente, condivisa nella sentenza de qua, la questione giuridica posta andrebbe risolta in termini diversi, ponendo l'accento, evidentemente, sul concetto di dinamicità del danno; seppure, infatti, il soggetto non lavoratore che subisce un danno alla persona, in linea di massima, non perde alcunché sul piano patrimoniale, è pure vero che sarebbe opportuno verificare la dinamicità del danno subito ovvero l'idoneità dello stesso danno ad incidere sulle possibilità di guadagno future del soggetto danneggiato, soprattutto nell'ipotesi di danni alla persona con effetti permanenti. Così, il danno di natura patrimoniale potrebbe anche sussistere in favore del soggetto non lavoratore danneggiato, nella misura in cui vi possa essere un pregiudizio permanente idoneo a limitarne, in futuro, la capacità di produrre reddito; si tratterebbe, dunque, di un danno patrimoniale futuro. Accogliendo tale ultima ricostruzione giuridica, pertanto, nell'ipotesi di danno biologico causato a soggetto ?disoccupato?, ai fini dell'an e quantum debeatur, sarà necessario verificarne la concreta riduzione della capacità di produrre reddito (e anche di trovare un lavoro ?ben? retribuito) in futuro, tramite un giudizio di verosimiglianza (id quod plerumque accidit). A rigore, poi, il danno futuro patrimoniale, come ipotizzato, sembrerebbe rientrare non tanto nel c.d. danno emergente, quanto piuttosto nel c.d. lucro cessante (ovvero, danno da perdita di chances, in quanto sembra agganciarsi a criteri legati ad una proiezione futura e non immediata (come nell'ipotesi del c.d. danno emergente); cioè, si sostiene la sussistenza del danno patrimoniale sul presupposto che, verosimilmente, se quel danno non si fosse verificato, comunque, il soggetto danneggiato sarebbe stato capace di produrre più reddito (ablata causa tollitur effectus). (Avvocato Luigi Viola) LaPrevidenza.it, 11/01/2006 Cassazione, sez. lavoro, sentenza 30.11.2005 n° 26081
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