Data: 29/03/2018 10:31:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Non salva il padre dalla condanna ex art. 570 c.p., l'affermare di essersi fatto carico delle spese mediche e sportive e di quelle relative all'acquisto di alimenti e vestiario per la figlia e neppure l'aver affrontato un periodo di crisi in ambito lavorativo.

La vicenda

L'uomo, nonostante avesse assunto consensualmente l'obbligo economico (assegno quale mantenimento della figlia) si era dimostrato da subito inadempiente e aveva fatto mancare i mezzi di sussistenza alla bambina; la condotta contestatagli sarebbe potuta essere considerata penalmente irrilevante solo allorchè egli avesse dimostrato la sua assoluta incapacità economica.

È quanto precisato dalla Corte di Cassazione, VI sezione penale, nella sentenza n. 13849/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo, condannato per violazione degli obblighi di assistenza familiare (ex art. 570 c.p., comma 2, n. 2) per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore.

Tuttavia, a detta dell'imputato ricorrente, la sentenza ha mancato di tenere conto della parziale corresponsione dell'assegno di mantenimento, in uno con la percezione dell'assegno familiare da parte della madre della minore, e del carico delle "spese mediche e sportive", come pure di quelle relative "all'acquisto di alimenti e vestiario" che lo stesso ricorrente aveva sopportato.

Ciò avrebbe dovuto, secondo la difesa, portare il giudice a concludere per l'avvenuto soddisfacimento delle esigenze primarie della figlia, anche considerando "i problemi di lavoro a causa della crisi del settore degli autotrasportatori" subiti dall'uomo nel periodo in contestazione.

Mantenimento: padre condannato se fa mancare i mezzi di sussistenza alla figlia

Tuttavia, gli Ermellini confermano l'impianto dei giudici di merito le cui pronunce, di c.d. "doppia conforme", s'integrano fra loro costituendo un unico e unitario corpo motivazionale: in tal caso, un vizio di motivazione ricorre solo allorchè "il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice", ovvero "quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti".

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha debitamente evidenziato come, eccetto che per i primi due mesi in cui l'imputato aveva effettuato limitati versamenti (somme comprese tra 50 e 100 Euro a fronte di un dovuto di 300),"si era creata una situazione di necessità per la parte offesa, la quale, se pure guadagnava qualcosa con il lavoro di domestica, aveva dovuto ricorrere all'aiuto dei familiari per poter continuare a provvedere alle esigenze fondamentali della vita della minore".

D'altro canto, spiegano gli Ermellini, nel concetto di mezzi di sussistenza si fanno rientrare non solo quelli "per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana" (cfr., sent. n. 12400/2017).

Inoltre, spiega il Collegio, il generico riferimento alla ricordata "crisi del settore degli autotrasportatori" non può avere alcun effetto scriminante, tanto più alla luce della circostanza del carattere consensuale dell'obbligo economico assunto dal padre e del pressoché immediato inadempimento da parte dello stesso, oltre che del consolidato principio giurisprudenziale circa l'assolutezza dell'incapacità economica dell'obbligato, perchè la sua condotta sia penalmente irrilevante.

Inutile per l'uomo evidenziare di aver contratto un mutuo per affrontare il debito accumulato, circostanza che avrebbe fatto venir meno l'elemento soggettivo del reato: tale condotta, spiega la Cassazione, era infatti giunta in un momento successivo, ovverosia solo dopo che la madre della minore aveva avviato un giudizio civile per ottenere forzatamente l'adempimento del debito contratto dall'uomo. Il ricorso va, pertanto, rigettato.


Tutte le notizie