Data: 14/04/2018 11:20:00 - Autore: Francesca Trotta

Avv. Francesca Trotta - Negli ultimi anni la disciplina della prescrizione prevista dagli art. 160 e ss. del nostro codice penale si è posta al centro di una interessante vicenda dai confini europei riguardante l'ormai nota sentenza Taricco.

La Corte UE e la sentenza Taricco

Con la sentenza Taricco emessa l' 8/09/2015 in causa C-101/14 la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha espresso la necessità che i giudici italiani disapplichino la normativa nazionale che prevede termini assoluti di prescrizione dei reati a presidio degli interessi finanziari dell'Unione Europea, laddove venga considerata tale da comportare un numero significativo di frodi gravi con conseguente violazione degli obblighi europei di assoggettarle a sanzioni effettive e dissuasive. La disapplicazione così imposta sembrò da subito generare problemi di coordinamento con i principi di irretroattività e di legalità scolpiti nell'art.25 Cost. Tant'è che (Corte di Appello di Milano, con ordinanza del 2015 e Corte di Cass. N.28346/2016) è stata prospettata alla Consulta l'opportunità di dichiarare incostituzionale la legge di ratifica del Trattato di Lisbona nella parte in cui, a fronte della primautè del diritto europeo, impone la applicazione di una norma in contrasto con un principio fondamentale della Repubblica legittimando così l'innalzamento dei c.d. controlimiti (Granital sent. cost. 170/1984).

La decisione della Corte Europea trae origine dal rinvio operato dal Tribunale di Cuneo nel corso di un procedimento penale per i delitti di cui agli artt. 416 c.p. , 2 e 8 del d.lgs. 74/2000, contestati a sette persone per aver costituito un' associazione a delinquere finalizzata all'evasione di imposte iva (c.d. frode carosello)per svariati milioni euro. In quella sede è stato rilevato che la disciplina italiana risultante dal combinato disposto degli art.160 e 161 c.p. assoggetta i reati in questione ad un termine prescrizionale indubbiamente destinato a scadere prima che si addivenga a sentenza definitiva. In tal senso il Tribunale ha manifestato i propri dubbi di conformità di tali disposizioni all'obbligo di assicurare l'attuazione del diritto europeo il quale ad avviso dei giudici potrebbe essere attuato solo disapplicando la norma nazionale censurata. La Corte Europea ha cosi rinvenuto il contrasto con l'articolo 325 TFUE i cui primi due commi dispongono che "L' Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo che siano dissuasive tali da permettere una protezione efficace degli Stati membri e nelle istituzioni organi e organismi dell'Unione. 2 Gli stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede degli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari. .

E stato così sostenuto che: la normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell'articolo 160 comma del c.p. come modificato dalla legge 5 dicembre del 2005 numero 251 e dall'articolo 161 di tale codice - normativa che prevedeva, all'epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l'atto interruttivo verificatosi nell'ambito di un procedimento penale riguardante frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale- è idoneo a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall'articolo 325 paragrafi 1 e 2 TFUE nell'ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea ,o in cui prevedeva, per i casi di frodi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato ,termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea ,circostanza che spetta al giudice Nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia l'articolo 325 disapplicando all'occorrenza alle disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi imposti dall'articolo 325 TFUE.

Nonostante il dictum menzionato la Corte precisa che nell'ipotesi in cui venga disapplicata la norma interna il giudice nazionale dovrà comunque assicurarsi che i diritti fondamentali degli interessati siano rispettati. Dalla questione così prospettata è agevole dedurre come il nodo principale risieda nella compatibilità della disapplicazione con l'articolo 25 della Carta Costituzionale. In tal senso risulta, in primis, di dubbia costituzionalità una modifica della disciplina legale in malam partem e in secondo luogo viene in discussione il principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli, dal momento che il fine precipuo di tale principio risiede nel consentire ai singoli di conoscere previamente la legge penale al fine di valutare consapevolmente gli effetti della propria condotta.

Il contrasto in giurisprudenza

Ciò posto, la sentenza Taricco ha dato luogo a valutazioni giurisprudenziali divergenti, in quanto se da una parte alcune corti hanno mostrato di optare per una plausibile disapplicazione, la Corte di Appello di Milano ha sollecitato la Consulta ad azionare i c.d. controlimiti.

E così con ordinanza n. 24 del 2017, la Consulta ha disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione dell'art. 325, paragrafi 1 e 2, del medesimo Trattato:

se l'art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata;

– se l'art. 325, paragrafi 1 e 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando nell'ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità;

– se la sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea 8 settembre 2015 in causa C-105/14, Taricco, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione europea, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro.

La sentenza Taricco 2

La vicenda così presentata sembrava quasi essere giunta alle sue battute finali fin quando la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha depositato la sentenza c.d. Taricco n. 2, suscitata dal su menzionato rinvio pregiudiziale.

La Corte di giustizia, sent. 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., causa C-42/17, ha così enunciato il suo principio di diritto Questo, infatti, il nuovo principio di diritto, su cui ci riserviamo una analisi più approfondita: «l'articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE dev'essere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nell'ambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino all'inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell'insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell'applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato».

L'intervento della Corte Costituzionale

Il principio così enunciato ha reso necessaria la fissazione dell'udienza dinnanzi alla Corte Costituzionale relativamente all'effettivo obbligo per il giudice, in applicazione dell'articolo 325 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, di disapplicare la norma nazionale.

L'udienza è stata fissata per il 10 aprile 2018.

In questa sede la Corte sembra aver messo un punto alla vicenda Taricco e vista l'importanza della vicenda si provvede così alla pubblicazione del contenuto del comunicato ufficiale: "I giudici non sono tenuti ad applicare la "regola Taricco" sul calcolo della prescrizione, stabilita dalla Corte di Giustizia Ue con la sentenza dell'8 settembre 2015 per i reati in materia di Iva. Pertanto, anche per questi reati, rimangono applicabili gli articoli 160, ultimo comma, e 161 del Codice penale. La Corte costituzionale, riunita oggi in camera di consiglio, ha infatti dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato di Lisbona (n. 130/2008), là dove dà esecuzione all'articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell'Ue (TFUE) come interpretato dalla Corte di Giustizia con la "sentenza Taricco". Le questioni erano state sollevate dalla Cassazione e dalla Corte d'appello di Milano sul presupposto che la "regola Taricco" fosse senz'altro applicabile nei giudizi in corso, in contrasto con i principi supremi dell'ordinamento costituzionale, in particolare con il principio di legalità in materia penale (articolo 25 della Costituzione). Secondo i giudici costituzionali, però, questo presupposto è caduto con la sentenza "Taricco bis" del 5 dicembre 2017, in base alla quale l'articolo 325 TFUE (come interpretato dalla Corte di Giustizia nel 2015) non è applicabile né ai fatti anteriori all'8 settembre 2015 (e dunque nei giudizi a quibus) né quando il giudice nazionale ravvisi un contrasto con il principio di legalità in materia penale".

Avv.Trotta Francesca

Specializzata in Professioni legali presso L'Università degli Studi Federico II di Napoli

e-mail :trottaf@live.it


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