Data: 24/04/2018 16:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Si abusa del processo ogniqualvolta lo strumento processuale � utilizzato impropriamente dalle parti. Nel momento in cui un creditore avvia diverse procedure giudiziarie per ottenere l'adempimento frazionato di un'unica prestazione solo per adire il giudice inferiore al posto di quello competente per l'intera obbligazione abusa del processo. La sua condotta infatti, tesa a ottenere dal giudice inferiore una sentenza in grado di avere un certo peso nei giudizi successivi � un mero espediente che appesantisce il sistema processuale, attraverso la parcellizzazione delle cause. Dopo anni di contrasti giurisprudenziali che hanno coinvolto persino le Sezioni Unite, la recente sentenza n. 4090/2017 (sotto allegata) ha superato il divieto di frazionamento della domanda, ma con dei limiti.


Abuso del processo: definizione

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L'abuso del processo, disciplinato dall'art 96 c.p.c., consiste in tutti quei comportamenti improntati a mala fede o colpa grave messi in atto dal soggetto che agisce o resiste in giudizio, malgrado la consapevolezza dell'infondatezza della propria richiesta o difesa. Abusa del diritto d'azione quindi chi, per puro spirito di competizione o per scopi puramente dilatori, non applica neppure la minima diligenza per comprendere quanto siano infondate le proprie richieste e per valutare quanto siano gravi le conseguenze delle sue azioni.

Mala fede e colpa grave art. 96 c.p.c.

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Come ha avuto modo di chiarire recentemente la Suprema Corte nella S.U n. 9915/2018: "Questa Corte ha anzi precisato che i presupposti della mala fede o della colpa grave pur sempre indispensabili per l'applicabilit� dell'art. 96, comma terzo, c.p.c. (Cass. 30 novembre 2012 n. 21570), devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicch� possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in s�, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, al fine di contemperare le esigenze di deflazione del contenzioso pretestuoso con la tutela del diritto di azione (Cass. 19 aprile 2016 n. 7726); ed ha ritenuto integrare tale mala fede la pretestuosit� dell'iniziativa giudiziaria, per contrariet� al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata (Cass. 22 febbraio 2016 n. 3376), ovvero la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame (Cass. 18 novembre 2014 n. 24546), oppure la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (Cass. 26 marzo 2013 n. 7620)."

Frazionamento domanda giudiziale: le sezioni unite nel 2007

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Il frazionamento della domanda giudiziale si traduce in una condotta suscettibile d'integrare la condotta di abuso del processo e come tale sanzionabile ai sensi dell'art. 96 c.p.c. A questa conclusione sono giunte le Sezioni Unite con la sentenza n. 23726/2007, chiamate a pronunciarsi sul seguente quesito: "se sia consentito al creditore chiedere giudizialmente l'adempimento frazionato di una prestazione originariamente unica." Nella sentenza gli Ermellini hanno specificato che il frazionamento sequenziale o contestuale della domanda giudiziale relativa a un credito unitario configura una condotta contraria alla regola generale di correttezza e buona fede in relazione al dovere inderogabile di solidariet� di cui all'art. 2 Costituzione. Con tale condotta infatti il creditore prolunga il vincolo obbligatorio con il proprio debitore e a causa delle molteplici azioni lo costringe ad un aggravio di spese processuali contravvenendo altres� al principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Costituzione.

Frazionamento domanda giudiziale: le Sezioni unite nel 2017

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Per ben dieci anni diverse sentenze (vedi S.U. n. 26961/2009) hanno confermato il principio enunciato dalle S.U. n. 23726/2007: la singola obbligazione deve essere adempiuta nella sua interezza e in un'unica soluzione, poich� � da escludere che possa essere frazionata in fase giudiziale dal debitore o dal creditore. Lo scorso anno invece le S.U. n. 4090/2017, chiamate a pronunciarsi nuovamente sulla questione, hanno rimodulato i presupposti del divieto di frazionamento relativi a diritti di credito nascenti da uno stesso rapporto contrattuale di durata.

Il caso pratico che ha condotto alla risoluzione del contrasto giudiziale riguarda un lavoratore dipendente che aveva intrapreso due azioni giudiziarie separate nascenti dallo stesso rapporto di lavoro: una per rideterminare il TFR e l'altra per il ricalcolare il premio fedelt�.

La Corte, in un passo della sentenza precisa per� che: "quando le sezioni unite hanno discusso di (in)frazionabilit� del credito si sono riferite sempre ad un singolo credito, non ad una pluralit� di crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso. Pertanto solo una interpretazione dell'espressione "unico rapporto obbligatorio", avulsa dal contesto nel quale essa � inserita, pu� indurre a ritenere che nella sentenza n. 23726 del 2007 il principio di infrazionabilit� sia stato espressamente affermato non (soltanto) in relazione ad un singolo credito, bens� (anche) in relazione ad una pluralit� di crediti riferibili ad un unico rapporto di durata."

Frazionamento domanda giudiziale: ammissibilit�

Precisata questa diversit�, la Corte ha ammesso la tutela frazionata del credito poich�: "La tesi secondo la quale pi� crediti distinti, ma relativi ad un medesimo rapporto di durata, debbono essere necessariamente azionati tutti nello stesso processo non trova, infatti, conferma nella disciplina processuale, risultando piuttosto questa costruita intorno a una prospettiva affatto diversa. Il sistema processuale risulta, invero, strutturato su di una ipotesi di proponibilit� in tempi e processi diversi di domande intese al recupero di singoli crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso esistente tra le parti, come autorizza a ritenere la disciplina di cui agli artt. 31, 40 e 104 c.p.c. in tema di domande accessorie, connessione, proponibilit� nel medesimo processo di pi� domande nei confronti della stessa parte. Ulteriori argomenti in tal senso possono trarsi dalla contemplata possibilit� di condanna generica ovvero dalla prevista necessit�, ex art. 34 c.p.c., di esplicita domanda di parte perch� l'accertamento su questione pregiudiziale abbia efficacia di giudicato."

Frazionamento della domanda giudiziale: limiti

Vero per� che, l'ordinamento, se da una parte non vieta, per le argomentazioni appena illustrate, la possibilit� di agire separatamente per lo stesso diritto di credito, dall'altra, nel rispetto del principio di economia processuale consente la trattazione unitaria dei processi per evitare una duplicazione di attivit�. Per questo, le Sezioni Unite nel principio di diritto affermato in questa sentenza subordina la proponibilit� della domanda frazionata all'interesse del soggetto agente. Questo infatti il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite: "Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque "fondati" sul medesimo fatto costitutivo - s� da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attivit� istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Ove la necessit� di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovr� indicare la relativa questione ai sensi dell'art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.c.".

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