Data: 09/03/2006 - Autore: www.laprevidenza.it
Non è ravvisarle una giusta causa di licenziamento ove la contestazione degli addebiti avvenga a distanza di anni dall'accertamento, in seguito ad indagine ispettiva interna all'impresa, dei fatti denunciati poi all'autorità giudiziaria, non essendo necessario attendere la conclusione del procedimento penale è primo grado, soprattutto quando il datore di lavoro, come nella specie, si sia astenuto dall'adottare misure cautelari. (Cass. n. 15383 del 2004) ed anche che: Ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito della tempestività del licenziamento,l'intervallo temporale fra l'intimazione del licenziamento disciplinare e il fatto contestato al lavoratore assume rilievo solo in quanto rivelatore di una mancanza di interesse del datore di lavoro all'esercizio della facoltà di recesso; con la conseguenza che, nonostante il differimento di questo, l'incompatibilità degli addebiti con la prosecuzione del rapporto può essere desunta da misure cautelari (come la sospensione) adottate in detto intervallo dal datore di lavoro, giacchè tali misure - specialmente se l'adozione di esse sia prevista dalla disciplina collettiva del rapporto - dimostrano la permanente volontà del datore di lavoro di irrogare (eventualmente) la sanzione del licenziamento (Cass. n. 6127 del 1999). LaPrevidenza.it, 02/02/2006 Cassazione, sez. lavoro, sentenza 06.12.2005 n° 26670
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