Data: 03/05/2018 21:12:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Con il decreto legislativo n. 36/2018 (qui sotto allegato) è stato ampliato l'istituto della procedibilità a querela di parte ricomprendendovi tutta una serie di reati che, dal prossimo 9 maggio, non saranno più procedibili d'ufficio.

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Nell'elenco sono comprese rilevanti ipotesi di reato ad esempio quelle di truffa, appropriazione indebita, frode informatica e anche minaccia.

Minaccia "grave" procedibile a querela

Relativamente a quest'ultima fattispecie delittuosa, il decreto incide sull'art. 612 c.p., in prima battuta, introducendo l'estensione della procedibilità a querela nell'ipotesi prevista dal seconda comma, con riferimento al reato di minaccia "grave" tout court (punito con la reclusione fino ad un anno in luogo della multa fino a euro 1032).
Resta, invece, perseguibile d'ufficio la minaccia commessa in uno dei modi indicati dall'articolo 339 c.p., ovvero in presenza di tali circostanze aggravanti (ad esempio minaccia commessa con armi, da persona travisata o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte).
Inoltre, un ulteriore ostacolo alla trasformazione del regime di procedibilità sussiste quando la procedibilità d'ufficio segue alla sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale (cfr. art. 63 c.p.).

Procedibilità a querela: la fase transitoria

Il decreto scandisce anche il funzionamento della fase transitoria per quanto riguarda i reati che diventano perseguibili a querela dal prossimo 9 maggio (data di entrata in vigore del provvedimento): ove commessi prima, il termine per la presentazione della querela decorrerà dalla predetta data se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.
Invece, ove sia pendente il procedimento, il P.M (nel corso delle indagini preliminari) o il giudice (dopo l'esercizio dell'azione penale), anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informerà la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorrerà dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.
La riforma ha come obiettivo quello di "migliorare l'efficienza del sistema penale, favorendo meccanismi di conciliazione per i reati di minore gravità, anche attraverso la collegata operatività dell'istituto della estinzione del reato per condotte riparatorie, che riguarda i reati procedibili a querela ma con querela rimettibile, e di conseguenza una maggiore efficacia dell'azione di punizione dei reati più gravi".

Minaccia a querela di parte: estinzione con condotte riparatorie

L'ampliamento dell'istituto della procedibilità a querela va letto in parallelo con la recente introduzione di una nuova causa di estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie che riguarda proprio i reati perseguibili a querela, soggetta a rimessione.
Il legislatore (con l'articolo 1, comma 1, della L. 103/2017) ha inserito nel codice il nuovo art. 162-ter, rubricato "Estinzione del reato per condotte riparatorie", a norma del quale "nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato".
Il risarcimento del danno, inoltre, "può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo".
Ciò significa che, ove ricorrano i presupposti previsti dalla norma, anche la minaccia grave, poiché ora procedibile a querela di parte, potrà essere "riparata" dall'imputato: l'introduzione di questa nuova causa di estinzione, infatti, punta a snellire l'apparato processuale penale, riducendo i processi relativamente a fatti meno gravi e favorendo in tal modo modalità conciliative tra i privati.

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