Data: 10/05/2018 10:32:00 - Autore: Francesca Servadei

Avv. Francesca Servadei - Il reato di autoriciclaggio si consuma solo nel caso in cui la condotta del soggetto agente riammette in circolazione il denaro proveniente da attività illecita, mentre risponde di riciclaggio (e non di concorso in autoriciclaggio), colui che non ha concorso nel reato presupposto, ma ha ripulito i soldi di provenienza illecita nell'interesse di chi ha compiuto il delitto. E' il principio di diritto affermato dalla Cassazione con sentenza n. 17235/2018 (sotto allegata), nella vicenda avente per protagonista una commercialista che, avvantaggiandosi dello scudo fiscale, effettuava una serie di operazioni commerciali e finanziarie volte a far rientrare in Italia somme di provenienza illecita.

Con l'articolo 648-ter del codice penale, ricordano gli Ermellini, è stata colmata una lacuna che ha visto concretizzarsi la fattispecie dell'autoriciclaggio che prima del 2015 lasciava le suddette condotte impunite. Alla luce dell'articolo in questione i beni, ovvero altre utilità vengono impiegati, sostituiti ovvero trasferiti in lecite attività economiche dell'agente, il quale abbia commesso o concorso a commettere il delitto a monte, ovvero quello presupposto, al fine di rendere non rintracciabile l'identificazione della provenienza illecita del denaro.

Contrariamente, nel caso in cui le condotte sono poste in essere da un altro soggetto, per queste ultime possono trovare luogo altri reati, come per esempio quello di ricettazione, riciclaggio ovvero impiego di denaro o altre utilità di provenienza illecita; da ciò si desume che il soggetto che presta aiuto a commettere il reato di reinvestimento di denaro di provenienza illecita deve rispondere del reato di cui all'articolo 648 del Codice Penale, quindi di riciclaggio.

AVV. FRANCESCA SERVADEI

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