Data: 12/05/2018 17:28:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Una vasta gamma di azioni persecutorie messe in atto nei confronti dei vicini sono in grado di integrare il reato di stalking. Irrilevante il movente dell'azione connesso a esigenze lavorative o all'esercizio del diritto di propriet�, poich� questo, pur costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volont� del fatto della quale pu� rappresnetare, invece, il presupposto.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 20473/2018 (qui sotto allegata) che si � pronunciata sul ricorso del Procuratore generale contro il provvedimento della Corte d'Appello.

Con questo, il giudice a quo aveva assolto l'imputato dopo aver riformato la decisione di condanna emessa dal Tribunale nei suoi confronti, poich� accusato di atti persecutori avendo, con condotte reiterate, minacciato e molestato i vicini di casa.

Davvero ampia la gamma di azioni che avevano portato all'imputazione: ad esempio l'aver creato disturbo collegando al telefono di casa propria una campana elettrica installata all'esterno; l'aver attivato quotidianamente, ogni mattina, un impianto d'allarme; l'aver tenuto il motore di un camion acceso anche per ore sotto la finestra dei vicini; l'aver custodito degli asini con adiacente letamaio a pochi metri dall'abitazione degli stelli; l'aver lanciato nel loro giardino sassi e mozziconi di sigaro; l'aver posizionato una latrina mobile sul confine.

Condotte che, secondo il P.M., non integrano una mera inosservanza di norme civilistiche regolanti il diritto di propriet�, come invece affermato dal giudice a quo, che aveva ritenuto non dolosi gli atti posti in essere n� conferito loro carattere penale, non essendo ravvisabile una finalit� persecutoria delle singole azioni.

Secondo il ricorrente, invece, oltre alla violazione di legge in base a quanto previsto dall'art. 612-bis c.p., la sentenza d'assoluzione impugnata sarebbe anche affetta da una motivazione insufficiente e illogica: sul punto, infatti, la difesa richiama le molte prove, tra cui accertamenti tecnici e testimonianze, a sostegno dell'affermazione di responsabilit� del vicino di casa.

Stalking molestare e disturbare i vicini con numerosi dispetti

Doglianze che per gli Ermellini sono effettivamente fondate: in primis, i giudici rammentano come sul giudice di appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, gravi l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e di confutare specificamente i pi� rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza.

Questi, precisa il collegio, deve dare conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza tali da giustificare la riforma del primo provvedimento e deve fare necessariamente riferimento a dati fattuali che conducono unicamente al convincimento opposto.

Questo dovere di "motivazione rafforzata" non appare assolto nel caso in esame in cui la Corte territoriale si � limitata ad attribuire valenza civilistica a tutte le condotte contestate, senza confrontarsi n� con i dati fattuali n� con le fonti di prova.

Il giudice di merito, infatti, ha erroneamente ritenuto la condotta mera inosservanza di norme civilistiche regolanti il diritto di propriet� dell'imputato, "accentuato nella sua esplicazione, non per puro dispetto verso terzi, ma solo per un'eccessiva e inurbana considerazione della sua esclusivit� e assolutezza".
Ancora, illegittimamente il giudice ha effettuato una valutazione frazionata, parcellizzata e atomistica delle condotte contestante senza fornire una lettura complessiva delle stesse: alla verifica della gravit� e precisione dei singoli elementi indiziari, avrebbe dovuto seguire il loro esame globale e unitario.

Infine, sottolinea la Cassazione, elemento soggettivo del reato di atti persecutori � il c.d. dolo generico, integrato dalla volont� di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della loro idoneit� a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. Ci� non � escluso da eventuali scopi asseritamente perseguiti dall'autore, quali l'affermazione del diritto di propriet� o le esigenze lavorative.

Anzi, ritenendo "non persecutorie" le finalit�, poich� legate all'esercizio del diritto di propriet� o di esigenze lavorative, la Corte ha operato un'erronea sovrapposizione concettuale tra la nozione di dolo e quella di mero movente dell'azione.

� pacifico, conclude la Cassazione, che il movente dell'azione, pur potendo contribuire all'accertamento del dolo, costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volont� del fatto, della quale pu� rappresentare, invece, il presupposto. Accolto il ricorso, la sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio.

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