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Data: 13/05/2018 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - È fatto notorio che il fumo sia dannoso per la salute e, pertanto, non potrà essere concesso alcun risarcimento al fumatore che si sia ammalato di tumore a causa del vizio. L'aver scelto liberamente, volontariamente e consapevolmente di continuare a fumare nonostante i rischi ben noti, impedisce l'accoglimento della sua richiesta di risarcimento nei confronti del Ministero della Salute, per non aver impedito la vendita del prodotto nocivo, nonché della ditta produttrice per aver messo in commercio prodotti pericolosi per la salute. Della vicenda se ne è occupata la Corte di Cassazione, sezione terza civile, che con la sentenza n. 11272/2018 (qui sotto allegata) ha respinto la domanda di un incallito fumatore il cui vizio aveva determinato il formarsi di un carcinoma al lobo inferiore del polmone sinistro. La vicendaL'uomo ammette di aver iniziato a fumare sin da giovane, anche fino a due pacchetti a giorno, abitudine che gli è costata cara: ai primi sintomi della malattia, dopo aver preso coscienza della pericolosità del fumo, aveva cercato di smettere, ma sostiene di non esserci riuscito a causa del "forte bisogno di consumare sigarette". Solo dopo aver scoperto del cancro e avvertito dai medici delle nefaste conseguenze che gli sarebbero derivate se avesse continuato a farlo, l'uomo aveva detto addio alle sigarette. Della propria assuefazione al fumo, tuttavia, questi ritiene responsabile chi aveva prodotto e messo in commercio le sigarette: in sostanza, il produttore avrebbe subdolamente studiato e inserito nel prodotto sostanze tali da generare uno stato di bisogno imperioso con dipendenza fisica e psichica tali da indurlo al tabagismo incallito. Da qui la citazione in giudizio non solo del produttore e del distributore della particolare marca di sigarette da lui fumata, ma anche del Ministero della Salute che, secondo parte attrice, aveva omesso di salvaguardare la salute pubblica non obbligando le multinazionali e lo Stato stesso a offrire un prodotto quanto più naturale, privo di rischi per salute e delle sostanze che producono assuefazione. Niente risarcimento per il cancro provocato dal fumoLa sua pretesa risarcitoria, tuttavia, viene rigettata in entrambi i gradi di giudizio di merito: in particolare, per la Corte d'Appello è del tutto insussistente un nesso di causa tra le pretese condotte illegittime dei convenuti e il danno lamentato. La dannosità del fumo, sottolineano i giudici, costituisce da lunghissimo tempo dato di comune esperienza e anche in Italia, sin dagli anni '70, è nota la circostanza che l'inalazione da fumo possa provocare il cancro, come dimostrano le campagne pubblicitarie promosse da organizzazioni non lucrative già da quegli anni. Pertanto, essendo fatto socialmente notorio che il fumo faccia male alla salute, deve escludersi il nesso di causalità anche in applicazione del c.d. principio della "causa prossima di rilievo": in sostanza, nella fattispecie, vi sarebbe stato un atto di volizione, libero, consapevole e autonomo da parte di un soggetto dotato di capacità di agire che aveva scelto di fumare nonostante la nota nocività del fumo. A maggior ragione ciò trova applicazione nella fattispecie in esame, caratterizzata da un abuso, comportamento da ritenersi da solo sufficiente a determinarsi l'evento alla luce delle regole generali in tema di nesso di causalità ex art 41. comma 2, del codice penale. Neppure, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, può ritenersi che la nicotina annulli la capacita di autodeterminazione del soggetto, costringendolo a fumare dai due ai quattro pacchetti al giorno senza possibilità di smettere. La conclusione viene confermata anche dalla Corte di Cassazione che respinge l'ennesimo ricorso dell'incallito fumatore: il nesso causale, sottolineano i giudici, necessario ai fini dell'esistenza della responsabilità risarcitoria (tanto ex art. 2043 che 2050) è stato escluso nella fattispecie esaminata applicando correttamente il principio della causa prossima di rilievo. La libera e consapevole scelta di fumare, nonostante la notoria nocività del fumo, determina l'insussistenza del nesso causale e ciò, a sua volta, esclude anche la responsabilità ex art. 1218 del codice civile che la difesa tende a sottolineare ritenendo che le imprese produttrici, pur essendo a conoscenza del grado di pericolosità delle sigarette e di assuefazione provocata dalla nicotina sulla libertà di interrompere la pratica del fumo, non avevano adeguatamente informato i consumatori sui rischi collegati all'uso delle sigarette. Poiché deve ritenersi che, sul punto, la Corte d'Appello abbia correttamente motivato, con motivazione di contenuto immune da vizi logico-giuridici, il ricorso non può che essere rigettato. |
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